Aggiornamento sulla petizione anti-copyright svizzera
Pochi giorni fa ho scritto un articolo sulla petizione promossa da un sito svizzero contro la nuova legge sul diritto d'autore, che vari siti di spicco avevano segnalato come un "DMCA svizzero" liberticida e "brutale" (per usare l'espressione scelta da Boingboing.net).
Ho contattato via e-mail e telefonicamente Florian Bösch, lo sviluppatore web autore della petizione, e Mauro Osenda della SUISA (già ospite telefonico del Disinformatico alla radio la settimana scorsa). Ne è venuto fuori un articolo per The Register che riassumo qui.
Secondo Bösch, il problema sta nel modo in cui è formulato il comma 3 dell'articolo 39a della legge, perché è interpretabile in due modi. Ecco il testo integrale del comma:
3. È vietato produrre, importare, offrire al pubblico, alienare o mettere altrimenti in circolazione, dare in locazione, lasciare in uso, pubblicizzare o possedere a scopo di lucro dispositivi, prodotti o componenti e fornire servizi che:
- sono oggetto di un'azione promozionale, pubblicitaria o commerciale volta a eludere i provvedimenti tecnici efficaci;
- a prescindere dall'elusione dei provvedimenti tecnici efficaci, hanno solo una finalità o utilità commerciale limitata; o
- sono progettati, prodotti, adattati o forniti principalmente allo scopo di consentire o facilitare l'elusione dei provvedimenti tecnici efficaci.
Secondo Bösch, si può intendere che la specificazione "a scopo di lucro" si riferisce a tutte le azioni descritte, e in tal caso non c'è problema: il comma 4 prevede infatti che l'elusione del DRM per scopi legali non è vietata.
4. Il divieto di elusione non può essere fatto valere nei confronti di chi elude i provvedimenti tecnici efficaci esclusivamente allo scopo di procedere a un'utilizzazione legalmente autorizzata.
Resterebbero intatti i diritti del consumatore di eludere qualsiasi DRM per esempio per consentire l'accesso nelle bibloteche e per uso personale (ripping, format shifting) dei propri download digitali, CD e DVD. Continuerebbe ad essere ammesso prendere un proprio DVD ed eluderne i lucchetti digitali per poterlo vedere sul proprio computer o lettore portatile o scaricare una canzone lucchettata da iTunes e craccarla per ascoltarla su un lettore Mp3 di marca diversa da Apple.
Ma c'è anche la seconda interpretazione: sarebbe "vietato produrre, importare, offrire al pubblico, alienare o mettere altrimenti in circolazione, dare in locazione, lasciare in uso, pubblicizzare... dispositivi, prodotti o componenti e fornire servizi", a prescindere dallo scopo di lucro; e separatamente sarebbe vietato anche possederli a scopo di lucro.
Interpretazione cavillosa? Può darsi: ma se venisse adottata, comporterebbe il divieto totale in Svizzera di fabbricare, diffondere o anche soltanto segnalare sistemi o tecniche per eludere il DRM. Persino discutere dei sistemi anticopia sarebbe proibito, e un articolo come questo farebbe di me un criminale. Allora sì che varrebbe l'aggettivo di "brutale".
Faccio un piccolo test: cito dall'articolo un'istruzione per eludere un sistema anticopia e vediamo che succede.
una tecnica incredibilmente semplice per scavalcare gran parte delle protezioni anticopia, che richiede soltanto un pennarello e una mano ferma. In sostanza, nei dischi protetti con sistemi come Cactus Data Shield 100/200 e KeyAudio c'è una traccia, la più esterna, che contiene la chiave della protezione. Inclinando opportunamente il disco si vede a occhio nudo lo stacco fra la traccia esterna e il resto del disco. E' sufficiente coprire questa traccia esterna con un tratto di pennarello scuro indelebile per rendere il disco perfettamente leggibile (e di conseguenza copiabile) in un lettore di CD per computer.
Se vengono ad arrestarmi, portatemi un po' di focaccia in gattabuia, mi raccomando!
Mauro Osenda dubita di questa seconda interpretazione. E anche se uno sfigato blogger svizzero a caso pubblicasse un articolo su come eludere il DRM in un blog che ospita pubblicità e quindi potrebbe ricadere nel caso dello scopo di lucro, Osenda ritiene sia improbabile che vi sarebbero conseguenze legali, per via della mancanza di precedenti che facciano giurisprudenza; ma finché non c'è una pronunciamento delle autorità legali, dice, non si può essere assolutamente certi, e la cosa potrebbe richiedere anni.
Anni nei quali, prosegue Osenda, il problema potrebbe essersi risolto da solo, perché l'industria dello spettacolo sta gradatamente abbandonando il DRM. I discografici l'hanno già fatto, sia pure con grande fatica e dopo aver collezionato figuracce; i cinematografici non hanno ancora assimilato il concetto.
Non solo: in virtù della tradizione svizzera di concordare le leggi fra tutte le parti interessate, le associazioni dei consumatori sono state coinvolte nel processo di formazione della legge, che è durato anni. Se ci fossero stati pericoli come quelli descritti dalla petizione, sarebbero emersi già da tempo.
Valida o meno, la petizione è comunque utile, perché ha sollevato la questione del diritto d'autore e dei diritti del consumatore, che finora aveva avuto ben poca attenzione da parte dei media.
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