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2012/01/30

La sottile tentazione di smembrare Internet

Internet senza frontiere è un'anomalia storica. Eliminarla fa comodo a tanti


Non condivido i toni catastrofisti di questo articolo di John C. Dvorak, ma ho la sensazione che le sue idee provocatorie siano segretamente condivise in tante stanze dei bottoni, come una copia di Playboy in un seminario.

Riassumo: ci sono paesi, come Bielorussia, Arabia Saudita, Cina e Iran, che hanno di fatto realizzato una propria Internet isolata, filtrata, censurata. Anche in paesi più democratici ci sono proposte di legge come SOPA o accordi come ACTA che ambirebbero a oscurare con disinvoltura tutti i siti ritenuti inaccettabili o illegali, senza un giusto processo ma su semplice segnalazione.

La libera circolazione delle idee, immensamente facilitata dall'attuale Internet senza frontiere, è facilmente presentabile come un pericolo sociale, politico, commerciale e militare: contribuisce a rovesciare governi, dissemina le ideologie dei terroristi, offre un porto sicuro per la pirateria audiovisiva, per la pedopornografia, per il crimine informatico e per la guerra digitale, facilita lo spionaggio online da parte dei governi ostili. Permette al nemico di guardarci in casa.

Una Internet smembrata in isole nazionali, connesse attraverso filtri governativi basati su whitelist che consentano il commercio e la circolazione dei prodotti (se approvata dai produttori) e delle notizie (se approvate dai governi – adieu, Wikileaks) ma blocchino tutto il resto, è il sogno erotico di ogni politico isolazionista e di ogni lobbista di Hollywood. Rimette le frontiere, come Dio comanda, a questa cosa per loro anarchica e incomprensibile che è Internet. Toglie il megafono all'opposizione. Piazza un gendarme davanti a ogni rotativa. I nemici sono più facili da sopprimere, se sono costretti a risiedere localmente. La lista dei problemi che verrebbero “risolti” dall'eliminazione dell'attuale Internet è lunga e golosa.

L'idea non seduce solo le multinazionali o i governi. Ditemi se, almeno per un istante, non vi solletica l'idea di poter censurare le scempiaggini di Luogocomune.net (sito estero, essendo gestito da una persona residente negli USA), o di bloccare la circolazione dei video promozionali di al-Qaeda o del fondamentalismo islamista o cristiano. Perseguire qualcuno che sta al di fuori del territorio nazionale, che sia per ragioni ideologiche o perché ha copiato il modello di una borsetta, ha costi enormi che paralizzano la giustizia e spesso è semplicemente impossibile. Perseguire a livello nazionale è, in confronto, una passeggiata. Una querela e si oscura il sito. Una denuncia e si sequestrano i prodotti contraffatti e i trasmettitori non autorizzati. E per l'arresto non serve l'estradizione.

Dubito che una Internet perfettamente isolata sia tecnicamente fattibile, ma questo non vuol dire che nessuno proverà a crearla: la lotta al terrorismo, alla pirateria, alle ideologie sovversive e alla pedopornografia sono argomenti politicamente vendibilissimi. E noi tutti pagheremo le conseguenze di quest'ambizione spontanea al controllo, se non ci adoperiamo a diventare hacker e a eleggere governanti che non siano nati nell'epoca delle carrozze a cavallo e che capiscano qualcosa di Internet. Una volta, in Italia, ne ho conosciuto uno. I suoi colleghi di partito lo hanno trombato.

Ripeto: non condivido l'ineluttabilità espressa da Dvorak. Ma quando leggo, per esempio, che Twitter intende introdurre la censura regionale, non posso fare a meno di sentire, in lontananza, Orwell che ride amaramente.

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “alberto.fe*”.

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