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2020/05/17

Storie di Scienza 4: Se entri nel teletrasporto, quello che ne esce sei tu o è una copia e tu sei morto disintegrato?

Ultimo aggiornamento: 2020/05/17 12:40.

Upload è una bella miniserie comica di Amazon che parte da una premessa bizzarra: un futuro non troppo lontano nel quale è possibile uploadare la propria personalità in un server e quindi continuare ad esistere dopo la morte fisica. Una sorta di aldilà digitale, con la complicazione surreale che il software non funziona sempre molto bene ed è gestito da alcune mega-aziende che puntano solo al profitto, per cui esistono aldilà separati per ricchi (in alta risoluzione, con riproduzione completa di tutti i sensi) e per i poveri (a bassa risoluzione e sensi limitati).

Da uploadato VIP hai l’assistenza clienti, puoi comunicare con i vivi, persino assistere al tuo stesso funerale e fare sesso con i non uploadati che usano una tuta di realtà virtuale integrale (non molto efficace).

Le gag visive sono geniali, specialmente per gli informatici, gli attori sono bravi (il fattorino dell’albergo principale è impagabile) e la storia è vivace, tenera e allegra, ma non mancano le riflessioni amare. Anche in Paradiso ci sono gli acquisti in-app, e se finisci il tuo credito o la tua quota di giga mensili, sei tagliato fuori e finisci in una sorta di limbo fino al mese successivo. Se nessuno paga più per il tuo account, puoi essere cancellato. E chi ti paga l’account è, a tutti gli effetti, tuo padrone per sempre.

La premessa di Upload pone anche una domanda interessante dal punto di vista scientifico e, oserei dire, filosofico: ammettiamo che sia possibile fare una scansione perfetta della mente di un essere umano e ospitare quella scansione in un ambiente virtuale. Vista dall’esterno, la copia apparirebbe in tutto e per tutto come una continuazione dell’originale: stessi ricordi, stessi talenti, stesse passioni, stessi modi di fare. Ma come sarebbe, invece, vista dall’interno?

Non voglio fare spoiler di Upload, per cui mi limito a dire che per motivi tecnici una volta uploadati non si può più essere reintegrati in un altro corpo o nel proprio, per cui non c’è il problema di creare duplicati e la personalità esiste in un solo esemplare. Per evitare di guastarvi alcune sorprese sposto la domanda su un terreno analogo nel quale non rischio spoiler: il teletrasporto di Star Trek.

Anche nel teletrasporto, per come viene “spiegato” nell’universo immaginario di Star Trek, abbiamo una scansione della persona, che viene trasformata in energia e trasmessa altrove per essere ricomposta in materia.* Vista da fuori, la persona che emerge dal teletrasporto è la stessa che vi è entrata: tutto è identico, fino all’ultimo atomo e fino all’ultimo pensiero. Ma vista da dentro?

* Secondo lo Star Trek: The Next Generation Technical Manual, il teletrasporto usa degli scanner molecolari per scansionare il soggetto e convertirlo in un “flusso di materia subatomicamente disgiunta”, ossia i legami fra i singoli atomi vengono spezzati e le particelle disgiunte vengono inserire in un “buffer di schemi”, nel quale rimango per un breve istante prima di essere trasmesse a destinazione. Nella Serie Classica di Star Trek, il teletrasporto converte la materia in energia e trasmette quell’energia per poi ricomporla in materia (The Squire of Gothos: “TRELANE: We, meaning I and others, have, to state the matter briefly, perfected a system by which matter can be transferred to energy and back to matter again. KIRK: Like the transporter system aboard the Enterprise.”).


Cosa mi garantisce che entrando nella cabina del teletrasporto io non sarei invece disintegrato permanentemente, mentre dall’altra parte esce un perfetto duplicato che è convinto di essere me? In Star Trek questo è esattamente quello che succede in almeno un paio di episodi (The Enemy Within/Il duplicato, TOS; Second Chances/Duplicato, TNG) e non mancano altri problemi. In Upload, se mi sottopongo al procedimento in punto di morte, vengo davvero uploadato o semplicemente viene creata una copia di me, convinta di essere me, ma io, il vero io, l’originale, crepo lo stesso e cesso di esistere? Il vero capitano Kirk è morto la prima volta che ha usato il teletrasporto?

In altre parole: un procedimento come il teletrasporto o la digitalizzazione, garantirebbe davvero la continuità soggettiva dell’esistenza o sarebbe una sofisticata forma di suicidio e sostituzione?

Gli autori di Star Trek si sono resi conto del problema, ma lo hanno “risolto” come solo gli autori di una storia di fiction possono fare: dichiarando che non esiste. In Daedalus (episodio di Star Trek: Enterprise), l’inventore del teletrasporto ne parla esplicitamente e lo liquida come “sciocchezza”, ma senza spiegare perché.

Invece Michael Okuda, uno dei consulenti tecnici di varie serie e film di Star Trek, ammette chiaramente che “Il modo in cui è stato descritto il teletrasporto mi fa pensare ‘muori e vieni ricostruito’”.

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Precisazione per pignoli: ho scelto il teletrasporto di Star Trek perché si basa sulla smaterializzazione dell’utente, che è il punto critico di interruzione della continuità dell’esistenza. Altri universi fantascientifici hanno inventato altre modalità di teletrasporto che non interrompono questa continuità e non pongono problemi filosofici: per esempio, deformano lo spazio in modo da unire due luoghi lontani e quindi l’utente non fa che spostarsi lungo un corridoio o attraversare un portale (anche in Star Trek esistono i wormhole che uniscono fisicamente due punti distanti). In questo caso è abbastanza chiaro che chi entra è la stessa persona che esce, esattamente come io rimango la stessa persona quando mi sposto dalla cucina al soggiorno.

Altra precisazione per spiritualisti e religiosi: lascio fuori dalla discussione ogni questione di anima immateriale e intangibile. Mi interessa solo esplorare quale sarebbe la sensazione soggettiva di essere teletrasportati o uploadati.

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A prima vista pare proprio che queste tecnologie ipotetiche racchiudano un segreto orribile che rovina per sempre queste serie: ogni volta che entrano nel teletrasporto in Star Trek, i nostri eroi vengono uccisi, letteramente fatti a pezzi smontandoli atomo per atomo, e dall’altra parte emerge una fotocopia perfetta (beh, quasi sempre, perlomeno). Ogni volta che una persona viene uploadata in Upload, in realtà muore esattamente come qualunque altra persona, ma ne viene creata una copia che la simula perfettamente. Una magra consolazione per il soggetto: questo aldilà tecnologico sarebbe un colossale inganno.



Ma nelle storie di scienza c’è sempre un ma. In questo caso, il ma è il cosiddetto paradosso della nave di Teseo. Plutarco racconta che in memoria dell’eroe mitologico, la sua nave fu conservata dagli ateniesi sostituendone i pezzi man mano che si deterioravano. Dopo qualche tempo, della nave originale non restava neanche più un pezzo. Era tutta nuova, eppure era considerata la stessa nave.

Anche noi, in un certo senso, siamo delle navi di Teseo. Il nostro corpo e il nostro cervello vengono continuamente autoriparati, sostituendone atomi, molecole e cellule con dei rimpiazzi. Veniamo costantemente rattoppati e ricostruiti, per cui con pochissime eccezioni (neuroni corticali, coni e bastoncelli negli occhi, cellule muscolari cardiache, e poco altro) non siamo fatti della stessa materia di cui eravamo fatti, che so, dieci anni fa. Eppure, nonostante questo processo di continua decostruzione e ricostruzione, la nostra coscienza non ha discontinuità. Continuiamo, soggettivamente, ad esistere.

Si potrebbe argomentare che quelle parti del corpo non sostituite siano le garanti di questa continuità: la sede del nostro io, per così dire. Ma siamo delle navi di Teseo anche da un altro punto di vista: la nostra personalità si evolve costantemente nell’arco di tutta la nostra vita. La mia mente di oggi è ben diversa da quella di dieci, venti o quarant’anni fa: eppure io mi sento ancora io e non ho avvertito alcuna interruzione e sostituzione. Quando avrete finito di leggere questo articolo, avrete nella mente idee (spero) nuove e sarete quindi differenti da come eravate prima di cominciare questa lettura. Però penserete di essere comunque la stessa persona di prima.

Se i vostri neuroni venissero sostituiti uno per volta da altrettanti neuroni sintetici equivalenti che ne replicano lo stato, vi accorgereste della sostituzione? No, così come non vi accorgete di quando un ricordo viene trasferito da un gruppo di neuroni a un altro. Sareste sempre “voi stessi”, anche se tutti i neuroni del vostro cervello venissero sostituiti da quelli sintetici. Il supporto, insomma, sarebbe irrilevante.

E in effetti è già così senza dover invocare immaginari chip neuronali: in termini di fisica, infatti, non ha senso parlare di parti del corpo non sostituite, perché la posizione combinata di tutti gli atomi del corpo cambia costantemente, e comunque quegli atomi sono in realtà una distribuzione di probabilità: non sono delle palline come le immagina la fisica classica.

In altre parole, la continuità soggettiva della nostra identità esiste solo a livello di informazioni, non a livello di componenti fisici. 

Ma se quello che conta è l’informazione, non il supporto, e la continuità dell’informazione viene garantita dagli apparati del teletrasporto (dando per scontata la perfetta integrità), allora la persona che emerge dal teletrasporto è, a tutti gli effetti, anche soggettivamente, la persona che vi è entrata, anche se è stata momentaneamente convertita in un flusso di energia. Durante il teletrasporto la sua coscienza avrà continuato a esistere, senza interruzioni avvertibili.

Allo stesso modo, se l’upload garantisce la continuità dell’informazione, allora anche soggettivamente la persona uploadata sarà la stessa. Insomma, uno spiraglio di speranza di salvare il capitano Kirk rimane, e il paradiso digitale di Upload potrebbe davvero portare a una forma di vita eterna.

Il problema è che se la coscienza risiede solo nella continuità dell’informazione, nulla vieta che l’informazione venga copiata anziché trasferita da un supporto a un altro. Dal teletrasporto potrebbero uscire due capitani Kirk, ed entrambi sarebbero “quello vero” anche soggettivamente. E in Upload nulla vieterebbe di creare copie multiple della stessa persona, tutte giustamente sicure, anche soggettivamente, di essere l’originale.

E se tutto questo non vi ha confuso sufficientemente le idee sul vostro senso di identità, provate a chiedervi come fate a essere sicuri che siete davvero la stessa persona che eravate quando siete andati a dormire ieri notte, e non una copia perfetta creata stanotte, che ha i vostri stessi ricordi, sentimenti e pensieri, un po’ come ne L’invasione degli ultracorpi. Sogni d’oro.

Sì, è Donald Sutherland, da Terrore dallo spazio profondo (remake del 1978 de L’invasione degli ultracorpi). Nel quale c’era Leonard Nimoy, ossia Spock di Star Trek. E il cerchio si chiude.


Fonti: Ars Technica, Popular Mechanics, Bigthink, Philosophy Foundation, Stackexchange, Lesswrong, Syfy. Questo articolo fa parte delle Storie di Scienza: una serie libera e gratuita, resa possibile dalle donazioni dei lettori. Se volete saperne di più, leggete qui. Se volete fare una donazione, potete cliccare sul pulsante qui sotto. Grazie!



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