Figura 1. Beagle-2 come visibile dall'HiRiSe camera (credit NASA) |
Il ritrovamento è opera di un ex collaboratore del progetto, Michael Croon, che dopo scrupolose analisi delle foto raccolte dalla fotocamera ad alta risoluzione HiRISE, aveva notato in una di esse qualcosa che poteva essere proprio la sonda perduta. Beagle-2, con un diametro di circa 2 metri, era al limite della risoluzione dello strumento montato a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) della NASA. Successive ricerche hanno confermato tuttavia il ritrovamento (figura 1), e hanno consentito di rintracciare anche altri componenti rilasciati durante l'atterraggio (figura 2).
Ma partiamo dall'inizio. L'ente spaziale britannico lanciò nel 2003 da Baikonur un lander, una sonda priva di ruote, che doveva atterrare su Marte per compiere alcune osservazioni. La sonda era assai sofisticata per l'epoca, e faceva parte della missione Mars Express. Il suo nome prendeva spunto da quello della nave a bordo della quale Charles Darwin fece il suo epico viaggio del mondo intorno al 1830. Fu proprio quel viaggio del Beagle a rivoluzionare le nostre conoscenze della vita sulla Terra e a fornire le prove dell'evoluzione. Analogamente, Beagle-2 venne invece pensata per verificare l'eventuale presenza di forme di vita passate e presenti su Marte.
La sonda disponeva di fotocamere stereo, di un microscopio, ed anche di un “trapano”, montato al termine di un lungo braccio meccanico pieghevole, in grado di estrarre campioni dal sottosuolo per eseguire successive analisi in situ.
Dopo essere entrata in orbita marziana, il 19 dicembre 2003 la sonda si separò come previsto dalla navicella madre, Mars Express. Per risparmiare massa e fondi, non era stato previsto l'invio di alcun dato di telemetria alla navicella madre. Sei giorni dopo, esattamente il giorno di Natale del 2003, l'ESA attese quindi un segnale di conferma del suo arrivo sulla superficie di Marte. Purtroppo non accadde nulla.
Diversi radiotelescopi e centri di ascolto, inclusa l'enorme antenna di Jodrell Bank, vennero allora puntati verso Marte, nel tentativo di raccogliere un minimo segnale di “vita” da Beagle-2. Ancora nulla. Dopo qualche mese le ricerche vennero abbandonate, causando grande frustrazione nei circoli scientifici, soprattutto del Regno Unito, dove un consorzio universitario aveva concepito la sonda. Il disastro causò certamente un ripensamento nella politica spaziale britannica, e il suo successore, Beagle-3, non vide mai la luce.
Le ipotesi sulla fine di Beagle-2, in mancanza di alcun dato sensibile, furono molteplici. Il rapporto presentato dalla Commissione di inchiesta all'Agenzia Spaziale Europea (ESA) nel 2004 per chiudere la questione proponeva diversi scenari. Un paracadute che non si era aperto, un problema allo schermo ablativo richiesto durante la discesa nella sottile atmosfera marziana, il mancato funzionamento degli “airbag” prima del contatto col suolo. In molti cercarono senza successo di identificare i resti del lander o il paracadute nelle foto di Marte disponibili allora. Ciò rende ancora più sorprendente il fatto che in realtà, come si sa solo adesso, Beagle-2 era atterrato con successo a soli 5 km dal centro dell'enorme ellisse prevista per l'atterraggio, che aveva una dimensione di 500 per 100 km. Un errore di pochi punti percentuali quindi, che conferma la straordinaria qualità della missione e in particolare delle complesse manovre di EDL (“Entry, Descent and Landing”, o “Ingresso, discesa e atterraggio” in italiano).
Figura 3. Beagle-2 a circa 20 m da Mars Express, dopo la separazione in orbita. Questa era l'ultima sua foto circolante, fino a ieri. |
Fig. 4 - Prof. Colin Pillinger accanto alla sua creatura, Beagle-2. Notare la disposizione "a fiore" dei pannelli solari e le compatte dimensioni del lander (credit: STFC, UK). |
Comunque sia, la realtà è che ce l'avevano quasi fatta, oggi ne abbiamo la prova.
Complimenti sentiti a tutti, quindi. Soprattutto a quel Prof. Colin Pillinger (Figura 4) della Open University di Milton Keynes, UK, leader ed ideatore dell'intero progetto, spentosi circa un anno fa e che quindi non ha mai avuto una risposta alle mille domande che si sarà posto riguardo alla fine misteriosa del suo “bracchetto”.
Paolo G. Calisse, 16 gennaio 2015
Modifiche
18 Gennaio 2015 - Aggiunta foto e aggiornato il testo in vari punti.
18 Gennaio 2015 - Il Program Manager di Beagle-2, Mark Sims, di Leicester University, ha affermato in un'intervista che il sistema potrebbe essere tuttora funzionante, e addirittura contenere alcuni dati scientifici a bordo: There could still be power going to Beagle 2 and it might still be working and saying 'I'm here, I'm here, I'm here'. Una prospettiva senz'altro interessante, e chissà che qualcuno non se ne esca con un metodo per cogliere qualche trasmissione dal sistema - magari sotto forma di interferenza elettromagnetica, ora che si sa dove puntare esattamente le antenne...
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