Ma guarda che sorpresa. Salta fuori che quando il reato è sufficientemente grave (e qui è gravissimo) le autorità hanno già tutte le risorse necessarie per identificare rapidamente un "anonimo" sui social network. Si cercano volontari che spieghino questo concetto, con parole piccole, ai vari politici che reclamano l'obbligo di identificazione nei social.
Un utente Twitter, identificatosi solo come @Sashamanexi1, ha postato una serie di minacce di morte estremamente esplicite indirizzate alla presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Giorgia Meloni, e a sua figlia. Se volete leggerle, le trovate citate da ANSA. L’account dell’utente è stato sospeso.
Dal sito della Polizia di Stato italiana (grassetto aggiunto da me):
“Ha 27 anni l’uomo residente nella provincia di Siracusa, indagato per violenza privata aggravata nei confronti del presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni.
L’uomo è accusato di essere l’autore delle pesanti minacce di morte scritte su Twitter, finalizzate ad evitare l’eliminazione del reddito di cittadinanza.
Nonostante l’utente utilizzasse uno pseudonimo, le attività tecnico investigative hanno permesso la sua identificazione e l’esecuzione nei suoi confronti di una perquisizione domiciliare ed informatica disposta dalla Procura della Repubblica di Siracusa.
Gli operatori del Servizio polizia postale di Roma avevano rilevato sull’account ufficiale Twitter del Presidente del Consiglio la pubblicazione dei messaggi contenenti le minacce.
Gli operatori specializzati del Centro di sicurezza cibernetica Sicilia orientale della Polizia postale e della Digos hanno proceduto al sequestro di apparecchiature informatiche e dell’account social utilizzato per la condotta criminosa.”
Ma allora esattamente a cosa servirebbero gli obblighi di identificazione ripetutamente richiesti da vari esponenti politici?
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