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2022/12/08

Podcast RSI - 50 anni di Pong; intelligenza artificiale che scrive temi e articoli; ladri informatici che rifiutano di attaccare

logo del Disinformatico

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo integrale e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

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[CLIP: Audio di Pong]

Questi suoni sintetici, secchi e semplici, sono inconfondibili per chiunque abbia qualche anno sulle spalle e si ricordi il debutto dei primi giochi elettronici: sono quelli di Pong, il mitico ping-pong elettronico, che in questi giorni compie ben cinquant’anni. Oggi, invece, siamo alle prese con l’intelligenza artificiale e con le sue sorprese continue, mentre dall’Asia arriva una storia di ransomware decisamente bizzarra, in cui i criminali informatici si rifiutano di attaccare una compagnia aerea con una giustificazione molto insolita.

Sono questi gli argomenti della puntata del 9 dicembre 2022 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie dal mondo dell’informatica. Benvenuti. Io sono, come al solito, Paolo Attivissimo.

[CLIP: Sigla di apertura]



50 anni di Pong, ma con sorpresa

Alla fine di novembre del 1972, cinquant’anni fa, fu rilasciato uno dei videogiochi più famosi di sempre: Pong. La sua storia merita di essere raccontata in una maniera adatta al mezzo secolo di informatica che ci separa dai quei timidi primi passi nell’intrattenimento digitale. Ascoltatela con attenzione.

Pong è stato uno dei primi videogiochi mai realizzati ed è diventato rapidamente un successo commerciale negli anni '70. Fu ideato e sviluppato da Atari, una delle più grandi società di videogiochi dell'epoca. Nolan Bushnell è stato il fondatore di Atari e quindi uno dei principali sviluppatori di Pong. Bushnell fu anche il principale promotore di Pong, che fu pubblicizzato con successo attraverso manifesti e pubblicità televisive.

Pong era un semplice gioco basato sulla racchetta e sulla pallina, in cui i giocatori dovevano spostare le proprie racchette per colpire la pallina e impedire all'avversario di segnare un punto. Nonostante la sua semplicità, Pong divenne presto un fenomeno di massa, con milioni di persone che giocavano nei bar, nei locali e nelle sale giochi di tutto il mondo.

Bushnell ebbe l'idea di creare un videogioco basato sulla racchetta e sulla pallina dopo aver giocato a un gioco simile su una macchina da bar. Bushnell e il suo team di sviluppatori lavorarono per mesi per creare il prototipo di Pong, che fu poi testato in alcuni locali per valutarne l'appeal. Dopo aver apportato alcune modifiche, Pong fu finalmente lanciato sul mercato e divenne un successo commerciale senza precedenti.

Pong fu anche il primo videogioco a essere distribuito per console per il mercato domestico, aprendo la strada a un'intera generazione di giochi per la televisione. Con il suo successo, ha segnato l'inizio dell'era dei videogiochi e ha contribuito a creare un mercato che oggi è valutato in miliardi di dollari.

Anche se Pong è stato superato dalla tecnologia moderna e dai giochi più complessi di oggi, rimane un pezzo importante della storia dei videogiochi e continua a essere apprezzato da molti appassionati di tutte le età.

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Vi è sembrata una descrizione un po’ fiacca, ripetitiva e priva di dettagli? Beh, considerate però che è stata scritta in pochi secondi e senza alcuna fatica da parte mia: infatti l’ha generata interamente un software di intelligenza artificiale. Adesso capite perché vi ho chiesto di ascoltarla con attenzione. Se non ve l’avessi detto, ve ne sareste accorti?

Mi affretto a dire che da qui in poi, invece, il testo di questo podcast è opera mia. Almeno quasi tutto.

Il software in questione si chiama ChatGPT ed è stato presentato pochi giorni fa, causando ilarità e al tempo stesso preoccupazione in chiunque scriva testi per lavoro. Ilarità perché è anche capace di spiegare la fisica quantistica in rima nello stile di Snoop Dogg, e preoccupazione perché se un software riesce a generare in qualche istante un testo passabile come quello che avete sentito, a cosa servono scrittori e giornalisti? E come faranno i docenti a capire se i loro studenti hanno davvero scritto il testo della loro ricerca o del loro tema ma hanno una prosa asciutta e poco talento oppure se lo sono invece fatto generare pigramente da un software?

[Nota: esistono dei rilevatori di output per GPT-2 che funzionano per ora anche con ChatGPT come strumenti antiplagio e antifrode, ma bisogna saperli installare e usare]

Potete provare ChatGPT gratuitamente: è sufficiente creare un account presso chat.openai.com e mettersi pazientemente in fila, perché sono moltissimi gli utenti che lo stanno provando e magari anche già usando per lavoro. Se avete fretta, c’è anche una versione a pagamento, che si chiama Playground.

Il suo funzionamento pratico è molto semplice; la complessità è tutta dietro le quinte. Come per i generatori di immagini che ho descritto in altre puntate di questo podcast, tutto parte da una breve frase, denominata in gergo prompt, che l’utente immette per dare istruzioni al software. Il bello di ChatGPT è che a differenza di molti software analoghi anche recenti, questo genera testi anche in italiano. È sufficiente che il prompt sia in italiano o, in generale, nella lingua nella quale volete ottenere il testo generato.

Per fargli generare quel blando riassunto della storia di Pong (che effettivamente compie cinquant’anni in questi giorni) gli ho semplicemente chiesto “Scrivimi la storia del videogioco Pong nello stile di un giornalista” e poi “Raccontami in dettaglio quale ruolo ebbe Nolan Bushnell nella creazione del videogioco Pong”. Il resto, ossia la struttura delle frasi e i riferimenti ad Atari, lo ha generato ChatGPT, direttamente in italiano. Io ho solo tolto qualche ripetizione.

[Date un‘occhiata allo spettacolare esempio di fuffa di marketing creato da Matteo Flora, nel tweet qui sotto:]

ChatGPT è comunque ottimizzato per la lingua inglese, ed è in questa lingua che fornisce i risultati più strepitosi, generando riassunti, convertendo i titoli di film in emoji, generando poesie, filastrocche e recensioni di ristoranti, scrivendo trame di sitcom e racconti erotici, traducendo da una lingua a un’altra e da un linguaggio di programmazione a un altro, chiacchierando in maniera naturale ricordandosi anche le frasi precedenti della conversazione e fornendo molte altre funzioni che fino a pochi anni fa sarebbero state considerate impossibili per un software.

Per ora i testi generati da ChatGPT sono ancora riconoscibili da un lettore attento, e se state pensando di usarlo per scuola o per lavoro tenete presente che spesso si inventa dettagli inesistenti ma apparentemente plausibili [come nella descrizione di Pong, che contiene parecchi dettagli completamente falsi]. Ma questo software, e l’intero settore della generazione di contenuti tramite intelligenza artificiale, si sta evolvendo a velocità impressionante, tanto che il sito Stack Overflow, punto di riferimento per risolvere qualunque problema di programmazione, ha temporaneamente bandito le “soluzioni” generate da ChatGPT, perché sono troppo facili da generare e sono spessissimo sbagliate ma a prima vista molto credibili. Riconoscerle richiede un occhio esperto, e quindi i moderatori sono stati sopraffatti dall’ondata di soluzioni fasulle prodotte da ChatGPT.

Artisti, traduttori e autori di testi si sentono comprensibilmente minacciati e temono di restare senza lavoro, soppiantati da computer veloci e instancabili che producono a bassissimo costo materiale blando e superficiale ma comunque accettabile per molte situazioni anche professionali. 

Perché pagare un illustratore per una copertina di un libro, quando c’è Midjourney che la genera in un minuto e costa qualche centesimo? Perché pagare un cronista per descrivere una partita, quando c’è un software capace di farlo usando anche i cliché tipici del settore?

Ma il problema rischia di essere ben più grande. Con questi software, generare milioni di articoli falsi ma sufficientemente credibili da ingannare il lettore non esperto, ossia fabbricare fake news, costa incredibilmente poco. È la realtà stessa che rischia di essere annacquata fino a scomparire.

Se vi state chiedendo se questo scenario si possa evitare, per esempio tramite una riqualificazione del giornalismo, non siete i soli. Una risposta arriva dal tecnologo Dominic Ligot:

“man mano che i social media e l’intelligenza artificiale continuano a evolversi e diventano più prevalenti, il giornalismo dovrà adattarsi e cambiare per restare efficace e continuare ad avere importanza. Uno dei modi principali nei quali dovrà cambiare è l’inclusione di nuove tecnologie e nuove piattaforme nelle sue pratiche e nei suoi processi. Per esempio, i giornalisti dovranno imparare come usare gli strumenti dell’intelligenza artificiale e dei social media per identificare e verificare le fonti, per analizzare e interpretare grandi quantità di dati, e per produrre contenuti interessanti e coinvolgenti su misura per le preferenze ed esigenze del pubblico online.”

Parole convincenti, vero? Ma non sono di Dominic Ligot: lui le ha semplicemente fornite al pubblico. Avete indovinato: le ha fatte generare da ChatGPT.

Fonti aggiuntive: Ars Technica, BBC, The Verge, Cnet, AI4business.it.



50 anni di Pong (stavolta sul serio)

[Credit per l’immagine: Wikipedia/Chris Rand]

Lasciando da parte i riassuntini annacquati generati dall’intelligenza artificiale, sono effettivamente passati 50 anni dal 29 novembre 1972, quando la neonata azienda statunitense Atari Inc. presentò negli Stati Uniti il videogioco Pong.

Uno schermo rigorosamente in bianco e nero, due “racchette” disegnate sotto forma di semplici rettangoli che si potevano muovere solo lateralmente, una “pallina” che era in realtà un quadratino bianco, e degli effetti sonori elementari oggi fanno sorridere, ma all’epoca erano assolutamente rivoluzionari, specialmente nelle sale giochi affollate di apparecchi completamente elettromeccanici. Questa era elettronica, era il futuro.

Pong, però, non fu creato da Atari in senso stretto. Il primo ping-pong elettronico fu offerto dalla console di gioco Odyssey della Magnavox, sempre nel 1972; i due fondatori di Atari, Nolan Bushnell e Ted Dabney, imitarono il gioco della Magnavox creandone una versione per le sale giochi.

Un’idea assolutamente vincente: nel giro di due anni Atari vendette più di 8000 esemplari, che furono una miniera d’oro: il loro guasto più frequente era dovuto al fatto che il contenitore delle monete necessarie per giocare era strapieno.

Atari offrì una versione domestica di Pong solo nel 1975. Nel frattempo Magnavox aveva fatto causa ad Atari per aver copiato la sua idea, ma Atari raggiunse un accordo economico con l’azienda, diventando licenziataria del ping-pong elettronico originale.

Una chicca per nostalgici: se vi sembra di ricordare che Pong avesse un difetto, per cui la racchetta non arrivava fino all’angolo superiore dell’area di gioco ed era quindi impossibile fermare la pallina se finiva in quella zona, ricordate bene. Non eravate voi a sbagliare il movimento della racchetta.

Però non si trattava un guasto del singolo apparecchio: erano tutti così, e lo erano intenzionalmente. Il progettista di Pong, Allan Alcorn, aveva infatti scelto un circuito di controllo delle racchette che aveva un difetto intrinseco, e invece di perdere tempo cercando un modo di compensarlo lo lasciò nel gioco per renderlo più difficile e per limitare la durata delle partite.

Fonti: Britannica, Wikipedia.



Criminali dediti al ransomware si rifiutano di attaccare una compagnia aerea: è troppo insicura

[Credit per lo screenshot: DataBreaches.net]

L’esperto di sicurezza informatica Graham Cluley segnala una storia davvero insolita negli annali degli attacchi informatici di ransomware, quelli basati sul furto o blocco dei dati di un’azienda e sulla richiesta di denaro per non divulgarli o per sbloccarli.

A metà novembre 2022 la banda informatica nota come Daixin Team ha attaccato la compagnia aerea malese Air Asia, sottraendo i dati personali di cinque milioni di passeggeri e di tutti i dipendenti.

Per dimostrare di aver realmente compiuto il furto, i criminali hanno inviato al sito DataBreaches.net e alla compagnia aerea un campione dei dati: nomi, date di nascita, indirizzi, data di assunzione, domanda di recupero account, risposta alla domanda di recupero e altro ancora.

Secondo quanto riferiscono i criminali attraverso un portavoce (perché sì, le bande criminali informatiche oggi sono talmente organizzate da avere anche dei portavoce), Air Asia è entrata in trattativa, ma sembra che alla fine non abbia pagato alcun riscatto.

Tuttavia lo stesso portavoce della banda ha dichiarato che Daixin Team ha cifrato i dati sui computer della compagnia e ne ha cancellato anche le copie di backup, però si rifiuta di attaccare più a fondo Air Asia a causa della “organizzazione caotica della rete” e della “assenza di qualunque standard” che ha “causato l’irritazione del gruppo e il completo rifiuto di ripetere l’attacco. Dicono proprio così.

Il portavoce dei criminali ha aggiunto che “la rete interna era configurata senza alcuna regola e quindi funzionava malissimo” e che “la protezione della rete era molto, molto debole”. È probabilmente la prima volta che si parla di un attacco informatico sventato dalla troppa insicurezza della vittima.

È già umiliante per una compagnia aerea farsi rubare i dati dei clienti; sentire che i ladri sono talmente disgustati dalle carenze di sicurezza del bersaglio da rifiutarsi di attaccarlo ancora è lo schiaffo finale.

Air Asia non ha rilasciato dichiarazioni. E prima che pensiate che Daixin Team sia un gruppo di ladri di buon cuore, va detto che la banda ha dichiarato che intende comunque disseminare i dati dei passeggeri e dei dipendenti e pubblicare informazioni sulle vulnerabilità della rete informatica di Air Asia. Il suo rifiuto di attaccare più a fondo è probabilmente legato, molto più pragmaticamente, al rischio di toccare infrastrutture informatiche critiche come sistemi radar o di controllo del traffico aereo e causare incidenti aerei con conseguenze potenzialmente fatali che mobiliterebbero le risorse di polizia molto più di quanto lo faccia un tentativo di estorsione informatica.

In ogni caso, è improbabile che questa cautela dei criminali sia consolatoria o rassicurante per i passeggeri passati, presenti o futuri della compagnia aerea. E contare sulla pena o compassione dei ladri non è una strategia difensiva da imitare.

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