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2011/10/29

Disinformatico radio, podcast del 2011/10/28

È disponibile temporaneamente sul sito della Rete Tre della RSI il podcast della scorsa puntata del Disinformatico radiofonico. Ecco i temi e i rispettivi articoli di supporto:

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Questi articoli erano stati pubblicati inizialmente sul sito della Rete Tre della Radiotelevisione Svizzera, dove attualmente non sono più disponibili. Vengono ripubblicati qui per mantenerli a disposizione per la consultazione.

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Truffe d'epoca: nel 1892 come oggi su Internet

Ormai sono ben note le truffe basate su falsi parenti, vincite alla lotteria o eredità inesistenti che arrivano via Internet, che sono aggiornamenti digitali di metodi di raggiro ben più vecchi: non perdetevi questa versione datata 1892 (no, non è un refuso). Inizia con tutti gli ingredienti classici: la lingua sgrammaticata, la figura autorevole, l'eredità ingente inaspettata, la richiesta di segretezza.

PADRE G; DE RENZ

Missionario C.A.R.

Egr. Sig. Coltelli Ulissi – Orefici

Via Spaderie N. 8 A-B

Alger, le 23 Giugno 1892

Signore Scusate che scrivo in cattivo italiano. Per incarico del vostro parente Sig.r Pannizza “mio caro amico da lungi anni” ingiustamente incarcerato e testè morto nell’Infermeria di questi carceri d’Algeri- vi rimetto l’acclusa lettera affidatami due giorni prima che egli lasciasse questa misera vita pur troppo piena d’immeritate amarezze. Egli è morto la notte del 23 corr. da me assistito fino a l’ultimo momento ricevendo i S.S. Sacramenti e conservando fino a l’ultimo tutta la sua forza mentale. Gli ultimi detti furono per voi. Nel caso che i miei servizi vi possano essere utili per voi ritirare la fortuna del Sig. Pannizza – della quale lascia a voi suo unico erede – scrivetemi in Alessandria d’Eggitto per dove parto per le mie Sante Missioni. La fortuna lasciatavi la considero a un milione e cinquecentomila lire Il. – essa trovasi depositata nella banca di Chicago “America” è superfluo dirvi che occorre assai secretezza da vostra parte perché essa non venga sequistrata da certo banchiere autore di tutte le disgrazie dell’infelice Pannizza. Vi saluto e in fede della presente confidate in quest.

Il resto del messaggio, che trovate su LegaNerd.com, è ancora più affascinante e dimostra che le tecnologie cambiano, ma le tecniche d'imbroglio restano uguali.

Addio a un altro grande dell'informatica: John McCarthy

Dopo Steve Jobs e Dennis Ritchie ci lascia un altro grande nome, forse poco conosciuto, dell'informatica moderna: John McCarthy, padre dell'intelligenza artificiale (tanto da aver coniato quest'espressione), è morto pochi giorni fa, il 23 ottobre, a 84 anni.

Era il lontano 1955, quando i computer erano lenti, enormi e costosissimi pachidermi, ma McCarthy già prospettava l'idea che “ogni aspetto dell'apprendimento o qualunque altra funzione dell'intelligenza può, in linea di principio, essere descritta in modo così preciso da poter realizzare una macchina che la simuli". Nel 1956 si tenne la prima conferenza sull'intelligenza artificiale, coordinata da McCarthy.

Il professore inventò anche un linguaggio di programmazione pensato specificamente per l'intelligenza artificiale, il LISP, nel 1960. Basato su espressioni simboliche anziché su numeri, facilitò enormemente la scrittura di programmi in questo campo.

Per le sue innovazioni, John McCarthy ricevette nel 1971 il Premio Turing e la National Medal of Science statunitense nel 1991. Nel suo sito presso la Stanford University, dove era professore emerito d'informatica, sono custoditi i suoi scritti, che comprendono alcuni racconti di fantascienza, fra i quali spicca The Robot and the Baby, che già nel 2001 anticipava molti aspetti della cultura online e dei social network che oggi consideriamo abituali, esplorava gli effetti sociali dell'introduzione dei robot con o senza emozioni reali o simulate e mostrava che anche una simulazione robotica, in molti casi, risulta più compassionevole di certi comportamenti degli esseri umani. La sigla A.I. dell'omonimo film di Steven Spielberg e le emozioni che le disavventure del robot-Pinocchio hanno evocato negli spettatori sono figlie del lavoro e delle riflessioni sociali di John McCarthy.

Le foto nella nuvola Apple non si cancellano facilmente

iCloud, la nuova funzione di Apple per la condivisione e sincronizzazione di contenuti via Internet, ha un problemino: non permette di cancellare una singola foto. Questo significa che “se scattate una foto sul vostro iPhone, compare automagicamente in Photo Stream e viene sincronizzata immediatamente sugli altri vostri dispositivi. Nella maggior parte dei casi, si tratta di un iPad” scrive Fabrizio Capobianco, precisando che la funzione è “cool”, ma aggiunge che una volta sincronizzata non c'è modo di cancellarla da Photo Stream. Potete cancellarla dall'iPhone, ma rimane su Photo Stream (la funzione di condivisione delle foto di iCloud). Apple conferma esplicitamente che le foto di Photo Stream non si possono cancellare o modificare ("You can’t edit or delete photos from your Photo Stream").

Questo può portare a situazioni imbarazzanti: la foto brutta, ridicola o un po' privata di cui vi pentite pochi istanti dopo averla scattata viene depositata automaticamente su tutti i vostri dispositivi associati al servizio Photo Stream. Lo scenario prospettato da Capobianco è quello dell'adulto che non si accorge che le sue foto personali con il partner abituale (o improvvisato) finiscono anche sull'iPad con il quale gioca la figlioletta, ma è facile pensarne anche altri altrettanto controversi. Al posto dell'iPad ci potrebbe essere il computer del partner o dell'ex partner che abbiamo dimenticato di togliere dalla condivisione, per esempio.

Per eliminare una fotografia da Photo Stream per ora ci sono due sole soluzioni: cancellare tutto con un reset di Photo Stream oppure scattare altre foto in modo da raggiungere il limite di capienza del servizio, che è mille immagini: a quel punto Photo Stream elimina le foto meno recenti e quindi anche quelle indesiderate.

Facebook, filtri antivirus vulnerabili, nuove sicurezze

Se qualcuno vi manda un file tramite Facebook, è meglio non fidarsi dei controlli di sicurezza che Facebook dichiara di fare per bloccare eventuali file infetti. Nathan Power, di SecurityPentest.com, ha infatti scoperto che i controlli antivirus della funzione Messaggi di Facebook bloccano i file eseguibili (il cui nome termina con ".exe") ma possono essere scavalcati semplicemente aggiungendo uno spazio dopo il ".exe" nell'istruzione di invio del file. Non occorre essere amici su Facebook per scambiarsi messaggi di questo tipo.

In altre parole, chiunque può inviare un virus a qualunque utente di Facebook e aggirare i controlli effettuati dal social network. Conviene quindi dotarsi di un proprio antivirus, tenerlo aggiornato e usarlo anche sui file ricevuti attraverso Facebook, chiunque ne sia il mittente.

Facebook ha confermato il problema e ha precisato che il file ostile ricevuto non viene eseguito automaticamente sul computer del destinatario ma è necessario usare altri espedienti per convincere l'utente a eseguirlo e quindi infettarsi. Tuttavia non è difficile creare espedienti adatti: dire che il file contiene un video o una serie di immagini provocanti è in genere un'esca irresistibile.

Sul fronte della sicurezza, Facebook ha introdotto gli amici fidati: da tre a cinque amici ai quali affida un codice che l'utente può usare per sbloccare un account al quale non riesce più ad accedere). Inoltre ha pubblicato un grafico molto complesso che riassume tutte le funzioni di protezione dell'utente e contiene alcuni dati interessanti: gli utenti attivi dichiarati sono ora oltre 750 milioni. Di questi, la metà si collega a Facebook almeno una volta ogni giorno. Il numero medio di "amici" su Facebook è 130 e gli utenti trascorrono oltre 700 miliardi di minuti ogni mese sul social network. Secondo questi dati, insomma, ciascun utente spende su Facebook poco meno di sedici ore al mese.

Ogni giorno “solo” (sic) lo 0,06% del miliardo di login effettuati tutti i giorni viene violato, dichiara Facebook. Sembra un dato trascurabile, ma in realtà significa che ogni giorno seicentomila login su Facebook sono fraudolenti. La sicurezza, insomma, non è un problema raro.

Debutta Lytro, la fotocamera che mette a fuoco dopo lo scatto

Le promesse tecnologiche che il Disinformatico aveva segnalato a giugno sono state mantenute: da pochi giorni è possibile acquistare una fotocamera digitale che permette di scegliere la messa a fuoco dopo aver scattato la foto. Sì, dopo.

La Lytro è la prima fotocamera commerciale con questa funzione quasi magica. Si accende, si punta e si scatta la foto: la messa a fuoco sul soggetto vicino o sullo sfondo viene decisa dopo, senza i frequenti errori dei normali sistemi di autofocus. Addio foto sfocate, insomma. E chiunque può ottenere quell'effetto tanto professionale di avere il soggetto perfettamente a fuoco e lo sfondo sfocato.

C'è di più: dato che la Lytro non ha bisogno di mettere a fuoco, non ha bisogno di un costoso sistema meccanico di messa a fuoco automatica. Questo riduce i costi e gli ingombri e permette alla fotocamera di essere immediatamente pronta per lo scatto, senza dover attendere che l'autofocus si metta a posto (magari sbagliando). Inoltre l'obiettivo è sempre alla massima apertura (f/2), per cui è più facile fotografare in condizioni di luce scarsa.

Il design della fotocamera è altrettanto innovativo: un tubo squadrato, radicalmente diverso dalle forme di una macchina fotografica tradizionale, con due soli pulsanti per accendere l'apparecchio e per scattare le foto e un cursore a sfioramento per lo zoom 8X. Tutto il resto si comanda attraverso lo schermo tattile. La semplicità è assoluta.

Le fotografie vengono elaborate direttamente sulla fotocamera e possono essere pubblicate ovunque su Internet in un formato interattivo che permette all'utente di scegliere quali zone mettere a fuoco.

Il costo per l'acquisto (o meglio, per la prenotazione, perché i primi esemplari arriveranno all'inizio del 2012 per chi li ordina adesso) è alto per una fotocamera amatoriale ma allettante per chi ha un rapporto difficile con la tecnica fotografica: si parte da 399 dollari.

Ci sono però delle limitazioni: non è possibile riprendere video (funzione ormai onnipresente nelle fotocamere amatoriali) e la risoluzione è relativamente modesta, intorno ai 1080 x 1080 pixel (anche se la casa produttrice non parla di risoluzione in senso tradizionale per via della tecnologia usata), comunque sufficiente per la pubblicazione su social network o altrove su Internet. Inoltre la resa dei colori, perlomeno nelle foto dimostrative, è leggermente carente, e per ora il software per gestire la fotocamera è disponibile solo per Mac (la versione Windows è in lavorazione). Ma l'effetto magico di poter cambiare la messa a fuoco dopo lo scatto rimane davvero notevole, specialmente se si considera che fino a pochi anni fa le apparecchiature necessarie riempivano uno stanzino.

Fonti aggiuntive: ZDNet, Ars Technica, Punto Informatico, Engadget, Wired.

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