Pochi giorni
fa, precisamente il 30 ottobre, è stato celebrato il
settantacinquesimo anniversario della messa in onda di una
trasmissione radiofonica diventata mitica: la versione de La
Guerra dei Mondi, il
romanzo fantascientifico di H.G. Wells, realizzata da un celeberrimo
quasi omonimo, Orson Welles, che confezionò una finta diretta
radiofonica dell'invasione del nostro pianeta da parte di spietati
marziani armati di tecnologie distruttive letali.
Leggenda
vuole che questa trasmissione del 1938 fu scambiata dagli ascoltatori
per una diretta autentica dell'arrivo degli extraterrestri in America
e scatenò un panico nazionale, convincendo oltre un milione di
persone che gli Stati Uniti venivano devastati da invasori alieni. A
distanza di tre quarti di secolo, quella puntata del Mercury
Theater on the Air della
rete radiofonica CBS è ancora saldamente fissata nella cultura
generale come esempio classico del potere dei mezzi di comunicazione.
Ma andò
davvero così?
Un'indagine
recente, pubblicata in sintesi su Slate.com
da Jefferson Pooley e Michael Socolow, due esperti di media e
comunicazione presso il Muhlenberg College e la University of Maine,
ricostruisce una vicenda ben diversa: nessun panico, nessuna guerra
immaginaria contro i marziani, ma una guerra molto concreta fra due
mondi di un altro genere.
I due mondi
in conflitto sono quello della stampa e quello della radio negli
Stati Uniti della fine degli anni Trenta del secolo scorso. La radio
aveva tolto ai giornali molti degli introiti pubblicitari, per cui la
stampa colse l'occasione della trasmissione di Orson Welles per
screditare il rivale hertziano, presentandolo come fonte
inattendibile per le notizie. Il New York Times
pubblicò persino un editoriale, intitolato “Terror
by Radio”, che biasimava
i funzionari della CBS per aver permesso di intercalare “finzioni
agghiaccianti” con
“annunci di notizie, presentate esattamente nello
stesso modo usato per le notizie reali”,
e altre testate fecero eco. La radio, si diceva, era troppo giovane e
immatura per un compito così importante come veicolare notizie. Una
polemica che ricorda da vicino quella di oggi fra media tradizionali
e Internet.
La vicenda,
insomma, fu gonfiata dai giornali, con titoli come “Finta
'guerra' alla radio scatena il terrore in tutti gli Stati Uniti"
(Daily News
del 31 ottobre 1938), con tanto di foto e dichiarazioni di “vittime”
traumatizzate dalla trasmissione. Ma sappiamo che il mito fu
fabbricato perché i rilevamenti d'ascolto dell'epoca indicano che il
98% degli ascoltatori era sintonizzato su altri canali all'ora della
messa in onda de La Guerra dei Mondi.
Varie emittenti della rete CBS, inoltre, non trasmisero affatto il
programma, riducendo il pubblico potenziale. La CBS stessa
commissionò un sondaggio il giorno dopo la trasmissione e i
dirigenti furono sollevati quando scoprirono che non solo gli
ascoltatori erano stati pochi, ma quei pochi avevano capito che si
trattava di una finzione.
Il mito del
panico nazionale crebbe nei decenni successivi sulla base di dati
inattendibili; nessuna delle segnalazioni di panico e nella
popolazione e di suicidi fu mai confermata. Ci fu soltanto una causa,
intentata da un'ascoltatrice, che accusò la CBS di averle causato
uno “shock nervoso”,
ma l'azione fu respinta. Welles e la CBS non furono mai rimproverati
o sanzionati formalmente dalle autorità, e i giornali smisero di
parlare della vicenda nel giro di pochi giorni. Ma il mito della
notte di panico persiste, alimentato dal messaggio di fondo: abbiamo
paura che il nostro mondo (reale o culturale) venga invaso da forze
sconosciute, e i nuovi media ci spaventano, oggi come allora.
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