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2019/12/20

Campanelli digitali colabrodo, Amazon incolpa gli utenti, ma EFF non ci sta

Pochi giorni fa degli intrusi digitali sono entrati nella telecamera di sorveglianza Ring nella cameretta di una bambina di 8 anni in Mississippi e hanno cominciato a parlarle e prenderla in giro (c`è anche il video), sono avvenute varie altre intrusioni ed è emerso che sono stati pubblicati online 3600 indirizzi di mail, password, localizzazioni e altri dati personali di utenti Ring.

Amazon, fabbricante dei sistemi di sicurezza interconnessi Ring, si è difesa dando la colpa agli utenti: gli attacchi sarebbero andati a segno, dice Amazon, perché gli utenti hanno riutilizzato per i propri Ring delle password che usavano altrove ed erano già state rivelate da altri attacchi a questi altri servizi, e non hanno attivato l’autenticazione a due fattori.

La Electronic Frontier Foundation, però, nota che Amazon ha dimenticato un dettaglio tecnico importante: l’azienda si è accorta degli attacchi soltanto quando glieli hanno segnalati i ricercatori di sicurezza. E se le cose sono andate come dice Amazon, ossia se gli aggressori hanno tentato decine di migliaia di nomi utenti e password sul sito di Ring, Amazon avrebbe dovuto notare questo enorme numero di tentativi falliti e allertare gli utenti: un limite al numero di tentativi falliti è una prassi di sicurezza fondamentale, soprattutto quando ci sono di mezzo dati enormemente sensibili.

Le telecamere e i campanelli “smart”, infatti, vedono anche dentro gli spazi privati delle case, consentendo a criminali e ficcanaso di vedere in diretta chi c’è e non c’è, di riguardare le registrazioni video dei locali sorvegliati, acquisire la geolocalizzazione delle telecamere e quindi andare a colpo sicuro. Sicuro per loro.

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