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2021/10/30

Come si prega nello spazio?

La religione nello spazio è un aspetto molto particolare ma poco conosciuto delle attività spaziali con equipaggi. Di solito le credenze religiose, se ve ne sono, vengono praticate privatamente dai singoli astronauti o cosmonauti. A bordo della Stazione Spaziale Internazionale ci sono alcune icone religiose cristiane, appese nella sezione russa, e la cabina personale di ciascun occupante della Stazione può ospitare oggetti legati alla spiritualità, ma la Stazione formalmente non offre niente di più, e lo stesso vale per i veicoli spaziali in generale.

Storicamente ci sono pochi momenti religiosi legati allo spazio. L’equipaggio di Apollo 8, nel 1968, lesse in diretta TV alcuni passi della Genesi (testo sacro per tre religioni) durante il primo volo di esseri umani intorno alla Luna. Buzz Aldrin, durante la prima missione umana sulla Luna, Apollo 11, celebrò la comunione cristiana, ma lo fece privatamente (anche per evitare contestazioni, alla quale la NASA era estremamente sensibile per motivi legali). Oggi ognuno porta con sé la propria spiritualità in maniera molto discreta. Occasionalmente si scorge qualche collana con simboli religiosi al collo di qualche astronauta, ma a parte questo la religione ha poco spazio nello spazio.

Alcune religioni, però, hanno regole precise che vengono messe alla prova dall’ambiente spaziale, ben diverso da quello nel quale sono nate. Un esempio è dato dall’Islam, con la sua prescrizione di pregare rivolgendosi verso la Mecca. Una cosa perfettamente fattibile quando si è fermi sulla Terra: basta avere una bussola o un GPS e una mappa per calcolare qual è la direzione giusta, che non cambia. Ci sono metodi differenti (quello del cerchio massimo o quello della lossodromia o rhumb line in inglese), per cui un musulmano in Alaska o a New York può pregare rivolgendosi verso nord o verso est, ma finché si sta fermi sulla superficie terrestre il problema è relativamente semplice: si sceglie una direzione e si tiene quella.

A bordo di un veicolo spaziale o di una stazione spaziale che orbita intorno alla Terra a 28.000 km/h, invece, questa direzione cambia continuamente. Nel corso di una singola sessione di preghiera, può variare anche di 180 gradi. Nel 2007 l’astronauta malese Sheikh Muszaphar Shukor, musulmano, andò nello spazio a bordo di una Soyuz, raggiungendo la Stazione Spaziale Internazionale, e si pose quindi il problema di consentirgli di espletare correttamente le proprie devozioni durante i dieci giorni della sua missione.

Fu affrontata anche la questione di come compiere gesti spiritualmente importanti come inginocchiarsi o chinare il capo in un ambiente nel quale, non essendoci un alto o un basso, non ha molto senso parlare di abbassare lo sguardo o di porsi in una posizione di sottomissione. C’era anche la questione del digiuno dall’alba al tramonto durante il Ramadan, e la missione di Shukor avveniva proprio in quel periodo. Come si determinano albe e tramonti in un ambiente in cui il sole “sorge” e “tramonta” sedici volte nell’arco di ventiquattro ore?

Anche i lavaggi rituali pongono problemi non banali, in un ambiente nel quale l’acqua scarseggia ed è riciclata partendo da urina e sudore.

Shukor non fu il primo astronauta musulmano: prima di lui volarono Sultan bin Salman bin Abdulaziz al-Saud (1985) e Anousheh Ansari (2006), ma fu il primo per il quale furono redatte delle linee guida formali. L’agenzia spaziale malese Angkasa, per la quale volava Shukor, organizzò una conferenza apposita, radunando 150 scienziati e studiosi islamici che produssero un documento, "A Guideline of Performing Ibadah (worship) at the International Space Station (ISS)", successivamente approvato dalle autorità religiose malesi.

Il documento mostra che alla fine prevalse il pragmatismo: ogni fedele faccia quello che può. Se può rivolgersi precisamente verso la Mecca, bene; altrimenti va bene se si orienta verso la proiezione della Mecca, o in alternativa almeno verso la Terra, e se neanche questo è possibile con certezza, conta comunque l’intenzione più che la pedanteria geografica.

Del resto, problemi analoghi possono capitare sui mezzi di trasporto terrestre, per esempio quando un treno cambia direzione in galleria o un aereo cambia rotta di notte. La preghiera potrebbe iniziare in una direzione e terminare in un’altra, ma è lo spirito che conta.

Se nello spazio non è possibile inginocchiarsi perché non c’è un alto o un basso, inoltre, fu deciso che è accettabile inclinare la testa oppure chiudere gli occhi, o anche solo immaginare di compiere questi gesti di devozione.

Per gli orari delle preghiere e dei digiuni, Shukor adottò il fuso orario del suo luogo di partenza dalla Terra, il Kazakistan. Per i lavaggi, invece, gli fu permessa la soluzione usata nelle zone desertiche della Terra, dove si usano le ”abluzioni a secco” (terra e sabbia per pulirsi le mani): Shukor batté simbolicamente le mani contro una parete o uno specchio.

In questo video si vede Sheikh Muszaphar Shukor che mostra come ha effettuato le preghiere giornaliere islamiche a bordo della Stazione.

Se vi interessa l’argomento, ho qualche fonte per voi (in inglese): Wired, Saudi Gazette, Christian Science Monitor.

 

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