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2010/01/08

Svizzera, condanna per file sharing

L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2010/02/01.

Ha fatto notizia, tanto da essere descritta come "decisione storica", quella che i media locali (RSI online; Il Quotidiano sulla RSI; Ticinonline) indicano come la prima condanna per file sharing illegale in Canton Ticino, dove si trova il mio Maniero Digitale: una diciottenne della zona di Locarno (l'immagine qui accanto è puramente indicativa) è stata condannata per aver violato online la legge federale sul diritto d'autore, acquisendo e offrendo illegalmente ben 270 film e oltre 4200 brani musicali. La pena: 400 franchi, circa 270 euro (le 30 "aliquote" – pari ciascuna a un giorno di guadagno dell'imputato – sono sospese con la condizionale).

Secondo il comunicato dell'IFPI, la multa ammonta invece a 900 franchi in aggiunta a 400 di sanzione e 250 di spese del tribunale, e qualora la ragazza non dovesse pagare la sanzione affronterebbe 14 giorni di prigione. L'IFPI dice che la locarnese aveva "distribuito 4253 file di musica e film che violavano il diritto d'autore sui circuiti peer-to-peer eMule e Bearshare a milioni di potenziali utenti, causando perdite stimate di 13.500 franchi ai titolari dei diritti".

Non sono sicuro che sia proprio la prima condanna in assoluto (ricordo altri provvedimenti del genere, presentati durante una conferenza alla quale ho preso parte, e verificherò), e vorrei vedere le carte della sentenza prima di commentarla, ma è comunque un buon pretesto per riepilogare un po' di fatti e considerazioni sullo stato della pirateria audiovisiva in Svizzera.

Innanzi tutto occorre capire una particolarità della legge svizzera sul diritto d'autore: scaricare da Internet film musica o altro materiale vincolato dal diritto d'autore è permesso. Avete capito bene. "Secondo la stragrande maggioranza delle opinioni, il download privato in Svizzera è permesso anche senza l'approvazione degli aventi diritto, anche se l'offerta stessa è illegale", dice addirittura la SUISA, grosso modo l'equivalente della SIAE italiana, precisando che "[I]n merito non vi è tuttavia ancora alcuna sentenza giudiziaria; non è pertanto possibile rispondere al quesito in maniera definitiva". Per ora non è chiaro se la condanna locarnese permetta di rispondere al quesito e quindi la prassi corrente resta invariata.

Ma allora perché la diciottenne è stata condannata? Perché condivideva file vincolati dal diritto d'autore, e lo faceva al di fuori dell'"ambito privato" o della "cerchia di persone unite da stretti vincoli, quali parenti o amici", nei quali la condivisione è esplicitamente permessa (articolo 19). E a quanto pare è stata colta da una delle società titolari dei diritti d'autore tramite monitoraggio del circuito di scambio peer-to-peer al quale partecipava (il comunicato IFPI dice che è stata l'IFPI a intraprendere l'azione legale dopo aver proposto un patteggiamento extragiudiziale).

Infatti l'uso dei circuiti peer-to-peer implica quasi sempre la condivisione con sconosciuti di quello che si scarica, per cui chi li adopera, se lo fa per scaricare file vincolati dal copyright, è probabilmente in violazione della legge. Nessun problema, tuttavia, se i file scaricati e condivisi sono file dei quali l'autore ha autorizzato la condivisione o sui quali non c'è diritto d'autore per legge. L'esempio classico è il software libero (condividere una copia di Linux è legalissimo), ma anche i testi delle leggi, le foto della NASA e alcuni brani musicali seguono la stessa regola. Per cui il peer-to-peer in sé non è illegale: dipende da cosa si condivide.

Come si fa a sapere se si sta violando la legge? C'è una regola semplice: date per scontato che se usate un programma di peer-to-peer (come eMule per i circuiti eDonkey ed eKad, oppure software per Gnutella o Bittorrent) per scaricare un film o telefilm che è in TV o al cinema o in vendita, state condividendo quel film con sconosciuti e quindi state commettendo un reato. Idem per la musica: se una canzone è di un cantante o gruppo famoso, in vendita nei negozi, è illegale condividerla sui circuiti peer-to-peer. Non è sempre così, e ci sono alcune eccezioni, ma conviene adottare questo criterio prudenziale. Alla fine, insomma, basta il buon senso: scaricare gratis qualcosa che gli altri pagano è molto probabilmente illegale.

Il vero problema della sentenza ticinese è che farà scalpore per qualche giorno e poi tutto tornerà come prima: chi scarica film e musica si sente invulnerabile, perché è uno fra tanti e pensa di passare inosservato (e in effetti in genere ha ragione, visto il numero striminzitissimo di sentenze). Fra l'altro, va sfatato il mito che scaricare sia un hobby giovanile: il download di film, telefilm e musica è diffuso anche fra gli adulti. Chi ha avviato l'azione legale (presumibilmente una delle società titolari dei diritti sui film condivisi illegalmente) ha vinto forse la battaglia, ma continua a perdere la guerra: quella dell'opinione pubblica.

Un altro problema, infatti, è che manca nell'opinione pubblica la percezione del danno. In effetti è difficile per Hollywood lamentarsi della pirateria quando il 2009 è stato l'anno record d'incassi (dieci miliardi di dollari soltanto in USA e Canada, un miliardo in più del 2008, grazie anche ai prezzi maggiorati delle proiezioni in 3D), secondo TorrentFreak, e si paga una tassa (più propriamente un indennizzo) sui supporti vergini come CD e DVD, per cui molti si sentono legittimati a scaricare film, telefilm e musica.

Certo, la legge va rispettata per principio, ma in effetti in molti casi il danno reale non c'è. È sbagliato l'assunto che chi pirata non va al cinema o non compra DVD. Chi pirata, accontentandosi di vedere male film ripresi con una telecamera in un cinema, spesso lo fa perché comunque non comprerebbe il DVD e non andrebbe al cinema: non è un cliente perso ai pirati, è un cliente che non c'è mai stato. E se un film passa in TV, dove pago i diritti per vederlo, ma me lo perdo e lo scarico da Internet, o se ho comperato il DVD del film e scopro che non lo posso trasferire al mio lettore video portatile perché ha un lucchetto anticopia, dove sta il danno?

Ci sono poi persone che scaricano un film dopo averlo già visto al cinema perché ne vogliono conservare una copia al riparo dalle modifiche, dai ridoppiaggi, dalle censure e dai tagli che avvengono molto spesso prima della distribuzione in DVD/Blu-Ray, o perché il DVD semplicemente non esiste.

Un esempio: avete presente il film comico classico Operazione Sottoveste? Non esiste su DVD in italiano (uno spettatore del Quotidiano, al quale ho partecipato, mi ha però mandato la copertina che vedete qui accanto: scoprite se è vera o falsa). Se lo cercate, lo trovate solo sui circuiti di condivisione. Perché i titolari dei diritti non ne fanno il DVD?

Lo stesso vale per tanti cartoni animati, specialmente giapponesi, e per film e intere stagioni di telefilm mai distribuiti dai titolari dei diritti.

Se un'opera è introvabile e non è in vendita, di preciso che danno provoca chi la scarica da Internet e la offre ad altri appassionati? Se si vuole ragionare sul problema, è meglio dunque sbarazzarsi del cliché del cittadino scroccone, perché spesso non corrisponde alla realtà. Non siamo tutti pirati perché ci piace scroccare.

La sentenza svizzera, inoltre, non fermerà certo i pirati professionisti e quelli esperti. I professionisti hanno complici nella filiera di produzione (ricordate il primo Hulk trafugato prima che fossero finiti gli effetti speciali, per cui ogni tanto perdeva i pantaloncini? O la versione grezza di Wolverine che circolò prima dell'uscita del film); gli esperti sanno dove e come scaricare senza condividere online (qualcuno si ricorda ancora che esistono i newsgroup binari, e prendono piede i terabyte party). E intanto i lucchetti digitali e le campagne antipirateria tormentano gli utenti onesti: perché mi mettete lo spot "non ruberesti mai una borsa, non ruberesti mai un nettaorecchie elettrico, copiare film è reato" nei DVD e mi impedite di saltarlo? Per l'amor del cielo, se ho comprato il DVD, lo so benissimo che copiare è reato. Non è a me che dovete dirlo.

La soluzione più probabile al problema della violazione sistematica del diritto d'autore non è la repressione. Inutile tentare di arginare un fiume fermando una goccia alla volta. È decisamente più efficace, e inimica sicuramente meno i potenziali clienti, creare un'offerta legale di film e telefilm scaricabili a pagamento in modo semplice, come già avviene per esempio con iTunes negli Stati Uniti, offrire DVD a prezzi abbordabili ed educare gli utenti all'idea che un film va visto con i colori originali, con l'audio pulito e senza il rischio di trovarsi uno spezzone di porno a metà di Bambi (che darebbe tutt'altro senso alla battuta "Uccellino!" del neonato cerbiatto). Anche perché il cinema e la produzione televisiva danno da mangiare non solo alle star e ai produttori strapagati (che potrebbero anche darsi una regolata sui compensi milionari), ma anche a tanta gente comune: i tecnici, gli operai che costruiscono i set, le costumiste, i traduttori, i doppiatori, e tanti altri. Pensiamoci.

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