Questo film di Stanley Kubrick è da sempre una delle mie passioni e non finisce mai di rivelare nuove sorprese, anche a distanza di quasi quarant'anni dalla sua uscita (1968). Le immagini incredibili e psichedeliche del viaggio interstellare di David Bowman alla fine del film sono entrate nella storia del cinema (insieme alla sequenza del Danubio blu e alle facce perplesse degli spettatori che non capivano il finale).
Quello che non molti sanno è che il "corridoio di luce" di quella sequenza finale fu ottenuto con una tecnica meccanica particolarissima, denominata slit-scan, che usa una serie di fotografie riprese attraverso una fessura che scorre davanti all'obiettivo della cinepresa.
Questa tecnica produce una deformazione molto vistosa dell'immagine, che la rende irriconoscibile ma permette di creare un "effetto tunnel" molto elegante. La stessa tecnica fu usata anche per la memorabile sigla televisiva di Doctor Who negli anni Settanta. Niente computer: tutto fatto a manina, con tempi e costi proibitivi.
La chicca è che qualcuno s'è preso la briga di fare reverse engineering delle immagini slit-scan utilizzate da Douglas Trumbull, il supervisore degli effetti speciali, in 2001: Odissea nello spazio, prendendo i fotogrammi del film e ricostruendo l'aspetto originale delle immagini che formano il "tunnel". I risultati sono davvero notevoli e intriganti, considerato il materiale di partenza. Buona visione (o visioni?).
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