All'inizio guardi questa foto, scattata dalla Stazione Spaziale Internazionale, e pensi quant'è bella, con la Terra illuminata dal chiarore della Luna, la dorata traslucidità dei pannelli solari della Stazione, le forme rustiche e affidabili della Soyuz baciata dal sole, la sottilissima curva verde dell'atmosfera che ti fa capire quanto è tenue lo strato d'aria che ci permette di vivere. Pensi alla meraviglia di essere lassù e vedere queste cose dal vivo, con una nitidezza irreale per via della totale trasparenza dello spazio, con un contrasto che nessuno schermo e nessuna stampa fotografica possono sperare di offrire.
Poi guardi al centro dell'immagine e noti quella piccola scia bianca quasi verticale, e ti accorgi che c'è uno spettacolo nello spettacolo: una meteora che, dopo aver viaggiato per inconoscibili millenni nello spazio, conclude fiammeggiante la propria esistenza, consumandosi in un fugace ma devastante impatto ipersonico con l'atmosfera, facendosi ammirare da chi sta lassù e anche da chi è sulla madre Terra con un bagliore colorato lungo decine di chilometri.
Vedere una meteora che passa sotto di te ti fa capire che sei davvero nello spazio. Si, certo, soltanto quattrocento chilometri ti separano dalla superficie di quella grande perla azzurra, costellata di bagliori elettrici di città e di fulmini, che ti riempie i finestrini della Cupola, ma fanno la differenza. Sì, certo, altri esploratori si sono avventurati mille volte più lontano, fino alla Luna, ma resta il fatto ineludibile che le meteore schizzano e bruciano sotto i tuoi piedi. Non puoi pretendere un promemoria più intenso e chiaro del fatto che sei sull'avamposto più lontano dell'umanità e voli talmente veloce da girare intorno a tutto il mondo in un'oretta e mezza. Contempli l'intero pianeta, delicato mappamondo vivente dal quale mancano surrealmente le linee di confine, dall'interno di un palazzo celeste che nemmeno il più potente imperatore della Storia avrebbe potuto far costruire e abitare. Forse, per un breve istante, ti senti una divinità o una creatura mortale benedetta da un privilegio divino.
Ma subito ti rendi conto che quella meteora, grande forse quanto una biglia, si è consumata sotto di te perché tu sei sopra la coltre protettiva dell'atmosfera, e quindi avrebbe potuto colpire il tuo avamposto a qualche chilometro al secondo, trapassando come carta velina le sue pareti o il tuo corpo con effetti catastrofici. Altro che divinità. Sei un bersaglio indifeso persino contro le piccole sassaiole dell'Universo. L'unica cosa che ti dà sicurezza è la tua fiducia nella statistica. Razionalmente, sai che lo spazio è immenso e la probabilità che una meteora significativa passi proprio nel punto in cui si trova, in quel preciso istante, la piccola oasi artificiale d'aria nella quale vivi e fai scienza è modesta. Lo sai razionalmente, appunto: ma quel proiettile incandescente parla, inevitabilmente, anche alla tua parte emotiva.
Eppure la paura che ti passa per la testa per un nanosecondo è paradossalmente facile da tenere a bada, perché sei il tipo di persona che ha accettato l'idea che fra qualche mese, alla fine della tua missione, sarai dentro una stretta capsula che rientrerà nell'atmosfera esattamente come quella meteora, usando l'atmosfera e lo scudo termico per trasformare velocità in calore e frenare da ventottomila chilometri l'ora, fidandoti totalmente dei conti degli ingegneri e della diligenza dei costruttori. Tu e i tuoi compagni di viaggio sarete dentro una meteora che precipita.
Ed è per questo che avrai sempre la mia ammirazione e gratitudine.
2014/08/11
Per una felice coincidenza, poche ore dopo aver scritto queste righe ho trovato nel mio feed Twitter questo video nel quale l'astronauta Samantha Cristoforetti, che partirà per la ISS a novembre, parla proprio di paura e coraggio.
2014/09/11
L'astronauta Reid Wiseman ha scattato oggi questa fantastica immagine del rientro della capsula Soyuz TMA-12M, con a bordo tre astronauti. Sono davvero dentro una meteora.
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