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2015/03/13

Miniguida contro il sexting e le sue estorsioni

Da My Little Safebook
per genitori (ti.ch). 
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Il guaio di certe parole, come sexting, è che fanno quasi sembrare intrigante quella che è in realtà semplicemente una truffa squallida: qualcuno convince una persona a mostrarsi in atteggiamenti sexy in una foto o davanti alla webcam e poi la ricatta o la umilia diffondendo le immagini.

Gli scenari tipici sono due. Nel primo c'è un legame sentimentale o di conoscenza diretta fra chi si mostra e chi richiede l'immagine: per esempio, un ragazzo che chiede alla propria ragazza una foto intima e poi tradisce la fiducia data perché mostra a tutti l'immagine che invece doveva essere destinata soltanto ai suoi occhi. L'inganno approfitta spesso di app che promettono foto “temporanee”, come Snapchat, che sono in realtà decisamente permanenti.

Nel secondo scenario, invece, si tratta di incontri fatti via webcam con sconosciuti. La vittima, in questo caso, è spesso di sesso maschile: su Internet s'imbatte in una bella ragazza, che si mette a chattare con lui e poi lo invita a spogliarsi davanti a lei, mentre a sua volta lei si sveste. In realtà la ragazza è una registrazione appositamente confezionata, i cui vari spezzoni vengono mostrati in modo da assecondare eventuali richieste di gesti o espressioni. La trappola è molto professionale: i truffatori usano un apposito software che permette di fare vera e propria regia e comandare le azioni della ragazza. La vittima, nel frattempo, viene registrata dal truffatore, che poi si rivela e chiede denaro per non inviare la registrazione imbarazzante a tutti gli amici della vittima. Il truffatore sa chi sono questi amici perché li ha trovati tramite social network come Facebook (dove l'elenco degli amici è solitamente pubblico). Il pagamento viene richiesto tramite Western Union o bitcoin.

Ovviamente la prevenzione è la soluzione ideale in entrambe le situazioni. Ma cosa potete fare se ormai il fattaccio è avvenuto?

Se conoscete la persona che ha diffuso abusivamente le immagini, potete denunciarla alle autorità (o chiedere una mediazione, specialmente nel caso di minori). Non è detto che questo bloccherà la diffusione della foto, ma probabilmente aiuterà a scoraggiarla. È importante ricordare, fra l'altro, che la detenzione o diffusione di immagini intime di minorenni può essere considerata reato di pedopornografia anche se chi le trasmette è il soggetto stesso delle immagini oppure le ha ricevute consensualmente dal soggetto. Per esempio, in molti casi una quattordicenne che manda una propria foto intima a un'altra persona commette il reato di diffusione di pedopornografia (anche se il giudice terrà presente le circostanze attenuanti); la persona che le riceve e le diffonde commette reato sia di detenzione, sia di diffusione.

Nel caso dell'estorsione, invece, la cosa migliore è non pagare. Potete bluffare, dicendo che non v'importa se il video viene diffuso o no perché non avete nulla da nascondere. Potete anche ribattere che non avete modo di procurarvi i soldi da spedire (questo vale soprattutto per i minorenni). Resistete in ogni caso alle minacce del truffatore: dato che siete soltanto una delle tante vittime che ha per le mani, se opporrete un minimo di resistenza tipicamente vi mollerà per passare a un'altra vittima più malleabile. Se pagate, invece, vi chiederà sicuramente altri soldi. Non sono soluzioni a prova di bomba, ma nella mia esperienza (ho aiutato parecchie persone che si erano messe nei guai in questo modo) di solito funzionano.

Tecnicamente non c'è modo di distruggere definitivamente il video intimo: il massimo che potete fare è segnalarlo come abuso al sito che lo ospita (per esempio Youtube) e chiederne la rimozione, che tipicamente avverrà piuttosto in fretta, ma sul computer del truffatore ne resterà comunque una copia.

Per maggiori informazioni su questi problemi e come gestirli, consiglio la pratica Guida della Polizia Cantonale e le pubblicazioni My little Safebook per i genitoriMy little Safebook per i figli. Per le segnalazioni e le richieste d'aiuto alle forze dell'ordine, in Svizzera c'è il Centro di coordinamento per la lotta alla criminalità in Internet (SCOCI), i cui consigli tecnici sono ben applicabili anche oltre frontiera.

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