Sembra il classico bidone di latta lucente con tre alette concepito dagli illustratori classici della fantascienza, è invece lo StarHopper di SpaceX è reale: ha appena concluso un volo di collaudo di poco meno di un minuto, arrivando a circa 150 metri di quota, facendo una rotazione e atterrando perfettamente al centro della piazzola di arrivo a Boca Chica, in Texas.
Senza un termine di paragone è difficile capire quanto sia grande questo veicolo sperimentale: è alto circa 20 metri e ha un diametro di 9 metri. Notate la precisione con la quale l’ugello del singolo motore Raptor (anche questo altamente innovativo, alimentato a ossigeno liquido e metano liquido) mantiene l’assetto dello StarHopper.
Niente male, per un coso costruito all’aperto, contrariamente a tutti gli abituali criteri di iper-pulizia tipici dei veicoli spaziali, assemblando anelli d’acciaio e lavorando di martello e saldatrice. Un coso, fra l’altro, assemblato a tempo di record.
Non è certo il primo veicolo a fare un saltino di questo genere: ci provò già negli anni Novanta la McDonnell Douglas con il DC-X, e la stessa SpaceX costruì e fece volare il Grasshopper (2013) per sperimentare le tecnologie che poi avrebbero portato al rientro e atterraggio verticale dei primi stadi del Falcon 9 e del Falcon Heavy. Ma è sicuramente quello costruito nella maniera più bizzarra e apparentemente raffazzonata allo scopo di contenere tempi e costi.
Con questo suo breve volo, StarHopper è già arrivato a fine carriera. Diventerà ora la piattaforma statica di test per i motori e i materiali della StarShip di SpaceX: un veicolo spaziale riutilizzabile, che grazie a un primo stadio lanciatore sarà capace di raggiungere lo spazio portando un grande carico verso destinazioni come la Luna o eventualmente Marte, atterrandovi verticalmente, a costi drasticamente inferiori rispetto ai costosissimi colossi usa e getta dell’industria aerospaziale tradizionale. Ne vedremo delle belle.
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