La settimana
scorsa il vostro Disinformatico si è offerto come cavia per valutare
la precisione delle funzioni di geolocalizzazione di WeChat, un'app
molto popolare per dispositivi mobili che ha la particolarità di
indicare a che distanza da noi si trovano gli altri utenti, compresi
gli sconosciuti, e viceversa informa anche gli sconosciuti sulla
nostra distanza da loro. Il dubbio che WeChat possa essere un aiuto
eccessivo per gli stalker
è venuto a molti, e così venerdì scorso ho invitato gli
ascoltatori a tentare di localizzarmi nel corso del pomeriggio.
Nessuno ci è
riuscito (o se ci è riuscito, non lo ha fatto sapere), ma i
risultati dei test informali indicano che comunque è
sorprendentemente facile localizzare una persona se si sposta poco,
per esempio perché è in casa o sul posto di lavoro, e se usa molto
WeChat con la geolocalizzazione attivata (è possibile disattivarla
con le istruzioni
descritte nella puntata precedente del Disinformatico).
Non è
opportuno descrivere in dettaglio la tecnica da usare, per non dare
troppi spunti ai potenziali pedinatori, ma non servono software o
accessori speciali: bastano pazienza e un po' di matematica
elementare per scoprire dove abita o lavora una persona senza nemmeno
chiederle l'amicizia su WeChat.
Un altro dato
interessante, e un po' più rassicurante, emerso dai test è che le
fotografie pubblicate dagli utenti su WeChat non contengono dati di
geolocalizzazione: WeChat li azzera prima di renderle visibili a
tutti gli altri utenti. Ovviamente, però, se le foto inquadrano
dettagli facilmente riconoscibili (insegne, cartelli stradali,
edifici caratteristici, per esempio) o addirittura includono una foto
di un attestato di studio con tanto di nome, cognome e indirizzo
(come è successo in un caso trovato durante i test a Lugano), è
comunque banale scoprire dove è stata scattata una certa immagine.
Usate
prudenza, come sempre, specialmente quando ci sono di mezzo gli
sconosciuti.
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