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2016/01/17

Complotti veri: il disastro sfiorato e taciuto della Soyuz 5

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento). Ultimo aggiornamento: 2016/01/23 19:00.

Si parla tanto di fantasiosi e improbabili complotti americani per simulare lo sbarco sulla Luna, ma ci si dimentica spesso dei veri complotti: quelli per insabbiare i fallimenti e i dettagli imbarazzanti delle missioni spaziali, specialmente (ma non solo) da parte russa. Questa è la storia di uno di questi complotti reali, tratta dal mio e-book Almanacco dello Spazio, di cui ho pubblicato stamattina un aggiornamento scaricabile gratuitamente.


Il 16 gennaio 1969, con la gara sovietica e americana per raggiungere la Luna nel massimo fermento, l’Unione Sovietica mette a segno una missione congiunta spettacolare. Nei giorni precedenti ha lanciato in orbita intorno alla Terra due veicoli con equipaggio, la Soyuz 4 (con a bordo un solo cosmonauta, Vladimir Shatalov) e la Soyuz 5 (che trasporta Boris Volynov, Aleksei Yeliseyev e Yevgeny Khrunov), e ora la Soyuz 4 attracca alla Soyuz 5 con una manovra inizialmente automatica e successivamente manuale.

Credit: Gianluca Atti
I due veicoli spaziali vengono interconnessi con alimentazione, comunicazioni e comandi e formano per quattro ore e mezza quello che la stampa sovietica definisce un po’ iperbolicamente “la prima stazione cosmica sperimentale al mondo”. Come vedete dall’immagine qui accanto, anche la stampa italiana (perlomeno quella comunista) non si discosta molto da questa descrizione epica, anche perché non ci sono altre fonti d’informazione a parte quelle sovietiche, controllatissime e censuratissime.

Retorica a parte, è comunque il primo attracco fra due veicoli spaziali entrambi dotati di equipaggio nella storia dell’astronautica. C’erano stati attracchi precedenti, ma soltanto fra veicoli senza equipaggio oppure fra uno con equipaggio e uno senza.

Dopo l’attracco, due dei cosmonauti della Soyuz 5, Yevgeny Khrunov e Alexei Yeliseyev, si trasferiscono alla Soyuz 4 effettuando una passeggiata spaziale, che viene registrata dalle telecamere di bordo: è il primo trasferimento extraveicolare di un equipaggio da un veicolo spaziale a un altro. Un altro primato, insomma, conquistato dai russi. Queste manovre servono a collaudare le tecniche di attracco e trasbordo che verranno usate per lo sbarco sulla Luna che i sovietici, in gran segreto, stanno tentando di realizzare.

La Soyuz 4 rientra a terra senza problemi il 17 gennaio con Shatalov, Khrunov e Yeliseyev (immagine qui accanto, tratta da Spacefacts). La Soyuz 5 resta in orbita fino al giorno successivo, pilotata dal trentaquattrenne Boris Volynov.

Fin qui tutto bene, insomma. Ma al momento del rientro della Soyuz 5 succede di tutto.

Il modulo di servizio, che sta sul retro del veicolo di Volynov, non si sgancia correttamente dalla capsula di rientro dopo l’inizio della manovra di discesa. Rimane attaccato alla capsula, e siccome è la parte del veicolo che offre la maggiore resistenza aerodinamica si dispone spontaneamente dietro, mettendo la capsula e Boris Volynov davanti. Il problema è che questo assetto è il contrario di quello necessario per sopravvivere al rientro, perché la Soyuz a questo punto ha lo scudo termico dietro anziché davanti.

Il calore del rientro agisce quindi sulla parte meno protetta della capsula: Volynov, invece di essere schiacciato contro il proprio sedile dalla decelerazione, viene spinto in senso contrario, contro le cinture di sicurezza che lo trattengono, e assiste impotente alla progressiva combustione delle guarnizioni del portello, che riempiono di fumo la capsula. Il cosmonauta, oltretutto, non ha una tuta pressurizzata che lo protegga.

I tecnici al Controllo Missione russo, informati via radio da Volynov della situazione, hanno già capito che non c’è nulla da fare e uno di loro si toglie il cappello, vi mette dentro tre rubli e lo passa agli altri per iniziare la colletta per l’imminente vedova.

Fortunatamente il calore esterno fonde i collegamenti fra il modulo di servizio e la capsula di rientro poco prima che ceda il portello e quindi il modulo di servizio si sgancia violentemente, permettendo alla capsula di riprendere il proprio assetto normale: il suo scudo termico, finalmente in posizione corretta, assorbe il calore prodotto dall’attraversamento dell’atmosfera e la capsula decelera, ma lo fa brutalmente, sottoponendo Volynov a ben 9 g, perché i razzi di manovra, che normalmente dovrebbero ridurre la decelerazione imponendo un assetto che genera portanza e quindi produce una planata, non funzionano: il loro propellente è stato esaurito dal computer di bordo nel vano tentativo di orientare correttamente la capsula mentre era ancora vincolata al modulo di servizio.

Boris Volynov
Non è finita: i cavi del paracadute della capsula si ingarbugliano parzialmente e i razzi che servono per la frenata finale sono danneggiati dal rientro e non funzionano, per cui l’impatto con il suolo è durissimo, anche se la neve lo smorza lievemente: Volynov viene sbalzato dal proprio sedile e si spezza alcuni denti. Oltretutto la capsula è atterrata nei monti Urali, a centinaia di chilometri dal punto previsto in Kazakistan, per cui i soccorsi non possono arrivare prontamente. Fuori la temperatura è -38°C e nella capsula non c’è riscaldamento, ma Volynov viene raggiunto dai soccorritori circa un’ora dopo il suo fortunoso atterraggio. Il disastro sfiorato verrà tenuto segreto dalle autorità sovietiche fino al 1997.

Le peripezie di Volynov non sono ancora finite: pochi giorni dopo, il 22 gennaio, sarà coinvolto in un attentato al premier sovietico Brezhnev. Ma questa è un’altra storia, che trovate nell’Almanacco dello Spazio.


2016/01/17 19:00. Dai commenti sono emerse versioni contraddittorie sulle fasi finali della disavventura di Volynov, in particolare sulla sua permanenza o meno nella capsula dopo l’atterraggio. Io qui ho pubblicato inizialmente quella presentata dalle fonti più affidabili, ma datemi un po’ di tempo per fare ulteriori controlli incrociati e riepilogare le varie fonti.


2016/01/20 00:05. Sto raccogliendo altri dati; intanto ho corretto la parte finale per tenere conto delle due versioni degli eventi.


2016/01/23 19:00. Ho riscritto la parte finale dell’articolo per tenere conto delle nuove informazioni e in particolare della rettifica pubblicata da James Oberg e delle dichiarazioni più recenti di Volynov. Ho anche corretto l’Almanacco dello Spazio. Tutte le fonti e i dettagli del mio approfondimento sono qui su Complotti Lunari. Un grazie speciale a Giovanni Pracanica per l’abile caccia alle informazioni che mi hanno permesso di correggere il finale della disavventura di Volynov.

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