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2016/01/28

Trent’anni fa il disastro del Challenger

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Doveva essere il volo spaziale dell’americano comune, con una maestra di scuola a bordo, scelta fra migliaia di candidati, per fare lezione dallo spazio: un’idea fortemente voluta dal presidente Reagan. Doveva essere la dimostrazione che il volo spaziale era ormai diventato normale, una routine, un altro successo della tecnologia americana, anni avanti rispetto ai normali razzi usati dai paesi rivali come l’Unione Sovietica, e che lo Shuttle – la farfalla abbracciata ad un proiettile, come la chiamavano – era davvero l’autobus orbitale che era stato promesso più di dieci anni prima.

E invece il 28 gennaio 1986, esattamente trent’anni fa, lo Shuttle Challenger si disintegrò durante il decollo, 73 secondi dopo aver lasciato la rampa di lancio del Kennedy Space Center, sotto gli occhi dei genitori, dei mariti, dei figli e degli amici dell’equipaggio: Ellison Onizuka, Sharon Christa McAuliffe, Greg Jarvis, Judy Resnik. Davanti, da sinistra a destra: Mike Smith, Dick Scobee, Ron McNair.

L’inchiesta fece emergere che il freddo intenso della notte aveva fatto contrarre e irrigidire le guarnizioni dei booster laterali a propellente solido; queste guarnizioni, che avevano già dato problemi in precedenza, non erano più state in grado di fare tenuta e una di esse aveva lasciato passare una fiammata del getto rovente dei booster, che aveva colpito il serbatoio esterno pieno di idrogeno e ossigeno liquidi, innescando una disintegrazione catastrofica. Fu la prima volta che gli Stati Uniti persero un equipaggio spaziale in volo. La NASA, simbolo dell’infallibilità americana, si era adagiata in una cultura della normalizzazione delle anomalie, in una burocrazia che aveva dimenticato il proprio scopo fondamentale – gestire a ogni lancio un’esplosione controllata – e aveva deluso un’intera nazione.

National Geographic ha commemorato il trentennale del disastro del Challenger con un documentario, Challenger Disaster - The Lost Tapes, che presenta molto materiale inedito. Nessuna rivelazione, nessuno scoop, nessun compiacimento morboso nel ripresentare le immagini di quella palla di fuoco e di quei razzi laterali impazziti nei quali si disintegravano sette vite e i sogni di una nazione, ma solo un ritratto intimo, dietro le quinte, della preparazione della maestra Christa McAuliffe e dei suoi compagni di viaggio. Tutti consapevoli del rischio mortale che c’è in ogni lancio spaziale e pronti ad accettarlo, ma probabilmente ignari di quanto i dirigenti della NASA avessero sottovalutato il pericolo di quel lancio nonostante gli avvertimenti dei tecnici.

Per chi ama lo spazio, ancora oggi quelle immagini sono difficili da guardare. Ma le lezioni vanno imparate e ripetute, affinché gli sbagli commessi una volta a caro prezzo non avvengano di nuovo.






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