
Questa, in sintesi, la lezione più bruciante ed esemplare di cosa significa il DRM: l'arroganza del potere applicata al mondo digitale. Quello che rende ancora più irritante la notizia è la fonte di questo sopruso: Google, il dittatore illuminato della Rete, la società che non sbaglia un colpo, il colosso che ci dovrebbe aiutare a sconfiggere il monopolio di zio Bill.
Forse è ora di svegliarsi e capire che Google è come tutte le altre aziende: non fa beneficenza, e se deve scegliere fra i propri interessi e quelli dei suoi clienti, sceglie i propri senza batter ciglio, e al diavolo la Difesa della Cultura Digitale e tutte quelle fesserie con cui spesso i pensatori della Rete imbellettano le dispute online.
Qui trovate la
mail di annuncio della chiusura: chi ha pagato non potrà più vedere i video a partire dal 15 agosto. Trovate
altri dettagli
qui
e qui, e un
articolo profetico di Cory Doctorow
qui. Ai clienti verranno dati cinque dollari di rimborso, da spendere nei siti
convenzionati con il sistema di pagamento Google Checkout. Entro 60 giorni.
Questo
è quello che chi è contrario al DRM paventava da tempo: comperando musica o
video lucchettati, l'acquirente si espone alla
revocabilità dei suoi diritti di
visione o ascolto. Il DRM che consente il ritiro dei diritti di fruizione, come
quello di Google Video, è equivalente a un poliziotto privato che ti entra in
casa e ti porta via i libri che hai comprato e che credevi di possedere per
sempre. E lo fa perché gli gira così, punto e basta. E tu, misero cliente, devi
stare zitto e non fiatare, altrimenti sei un pirata, un sovversivo.
Per citare una celebre battuta, Google è come Darth Vader: "Ho cambiato il nostro accordo. Prega che non lo cambi ancora" (L’Impero Colpisce Ancora, 1:34:10).
Aggiornamento (2007/08/22)
Google ha cambiato le regole dell'accordo. Ora sono leggermente migliori, ma la sostanza non cambia. I dettagli sono qui.