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2008/10/17

Antibufala: le “pietre di Ica”

Pietre di Ica, con Voyager il contribuente rimane di sasso


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Vorrei proprio evitare che lo sbufalamento delle storie proposte da Voyager diventi un appuntamento fisso del Disinformatico, ma viste le richieste che sono arrivate, ecco qualche dettaglio in più sulle cosiddette "pietre di Ica" presentate nella scorsa puntata della trasmissione Rai condotta da Roberto Giacobbo.

Voyager racconta che queste pietre, provenienti da Ica, in Perù, potrebbero essere "raffigurazioni che non dovrebbero esistere", perché sarebbero state scolpite "alcune migliaia di anni fa ed in maniera praticamente perfetta" e mostrano "scene di caccia con uomini e dinosauri insieme... incisioni di mappe geografiche, costellazioni, strumenti ottici, trapianti di organi e macchine volanti".

Secondo il suo modello ben collaudato, Voyager si para le spalle mettendo il tutto in forma interrogativa, dimenticandosi che il compito del giornalismo non è fare domande, ma trovare risposte. Le domande le fanno anche i bambini. Le risposte al presunto enigma lapideo si potevano trovare anche facendo a meno di un viaggio di Giacobbo e relativa troupe fino in Perù, perché la bufala delle pietre di Ica è in giro da quarant'anni e nota da almeno dieci.

Basta infatti una ricerchina negli archivi di Internet per scoprire che di questa storiella si sono già occupati lo Skeptical Dictionary e la BBC in ben due documentari, nel 1977 e nel 1996, che hanno chiarito come stanno le cose. Si tratta di falsi, realizzati da artigiani del posto per venderli ai polli. Se fossero autentici e quindi antichi di millenni, le incisioni non avrebbero spigoli netti, perché sarebbero stati smussati dall'erosione naturale. Spigoli netti, come se fossero stati incisi l'altroieri. Appunto.

Il pollo, nello specifico, è un medico, Javier Cabrera Darquea (nell'immagine qui accanto), che negli anni Sessanta ricevette in regalo una pietra sulla quale era inciso un pesce che, a suo avviso, apparteneva a una specie estinta. Cabrera andò alla ricerca di altre pietre simili e gli abitanti del posto furono sorprendentemente più che lieti di "fornirgliele" dietro compenso, raffiguranti uomini insieme a dinosauri e tutte le altre sciccherie tecnologiche anacronistiche descritte da Voyager.

Cabrera, a quanto pare, non si chiese come mai una civiltà così tecnologicamente avanzata da fabbricare telescopi e macchine volanti e realizzare trapianti non avesse lasciato alcuna traccia di sé a parte qualche sasso. Diamine, troviamo le pietre di selce degli uomini primitivi, e invece di questa civiltà evolutissima non troviamo una valvola, uno spinterogeno, un cuscinetto a sfere, le rovine di un ospedale o di un palazzo?

Il medico peruviano, evidentemente, non si chiese neppure se per caso il suo interesse per le pietre incise avesse spinto qualche artigiano intraprendente a realizzare l'equivalente locale della proverbiale fabbrica di mobili antichi. Fatto sta che la sua collezione ha superato i 15.000 esemplari, tanto da permettergli di aprire un museo a Ica.

Le pietre di Ica, fatte di andesite, non possono essere datate usando la datazione al radiocarbonio, che si applica soltanto alla materia organica. Le pietre si datano di solito guardando gli strati in cui sono sepolte, ma nessuno sa da dove provengano esattamente. In ogni caso, qualsiasi datazione di questo genere indicherebbe l'età del sasso, ma non direbbe nulla sull'epoca in cui sono state realizzate le incisioni.

La datazione delle incisioni è possibile osservando, appunto, l'erosione: se non c'è, vuol dire che sono recentissime. E infatti hanno bordi netti. Cosa ancora più importante, il ricercatore spagnolo Vicente Paris, di Fraudesparanormales.com, scoprì, con un esame approfondito, che le incisioni contenevano tracce di moderna carta vetrata (il suo articolo è archiviato su Archive.org).

Ci sono poi altre considerazioni di ordine puramente logico. Oltre a chiederci come mai una società tecnologica non ha lasciato alcuna traccia di sé a parte qualche sasso in Perù, dobbiamo domandarci un'altra cosa. Come mai la vendita di reperti archeologici è proibita in Perù, eppure queste pietre sono in libera vendita ai turisti ingenui?

Forse perché Basilio Uschuya, il principale fornitore di Cabrera, fu arrestato nel 1996 per questo presunto crimine e fu poi rilasciato quando confessò che le pietre se le fabbricava da solo prendendo spunto dai fumetti, dai libri di scuola e dalle riviste. Le pietre venivano poi ricoperte di una patina di invecchiamento ottenuta lasciandole per qualche giorno nel pollaio a ricevere gli escrementi delle galline. Se per prendere un ladro ci vuole un ladro, forse ci vuole una gallina per prendere un pollo.

Infine, per i cocciuti che sostengono che l'andesite è durissima e quindi non può essere lavorata senza strumenti particolari, ergo le pietre devono essere autentiche, va chiarito che non si tratta di sculture, ma di semplici incisioni superficiali, che rimuovono lo strato superficiale ossidato. Uschuya mostrò, nel documentario della BBC, come realizzarle usando un semplice trapano da dentista.

Fonti: Las piedras de Ica son un fraude, di Vicente Paris; Are Peru’s Ica Stones Safe? Cryptomundo.com; Ica Stones, Skepdic.com; Wikipedia in inglese; Ica Stones: Yabba-Dabba-Do! di Massimo Polidoro, Skeptical Inquirer, settembre/ottobre 2002; Ritornano le "Pietre di Ica", di Viviano Domenici, Scienza & Paranormale n. 35 (2001), che cita un articolo di Viviano Domenici sul Corriere della Sera, pubblicato nel 2001.

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