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2010/05/07

IPv4, IPv6, davvero c’è un mercato nero?

Carestia di indirizzi IP, blocco di Internet nel 2011?


L'articolo del Corriere che paventa l'esaurimento degli indirizzi IP disponibili, e quindi la crisi di Internet, si basa in gran parte su questo pezzo di InfoWorld.com, secondo il quale restano disponibili solo 20 dei 256 grandi blocchi di indirizzi IP di tipo /8 (ciascuno contenente fino a 16.777.214 indirizzi) assegnati ai Regional Internet Registries, gli enti regionali che si occupano di distribuire gli indirizzi IP secondo cinque macrozone (mappa qui accanto, tratta da Wikipedia).

Siccome nel 2009 sono stati assegnati solo otto blocchi di indirizzi di tipo /8 ma nel 2010 ne sono stati assegnati sei già nei primi cento giorni dell'anno, ragiona Infoworld, di questo passo si arriverà all'esaurimento dei blocchi disponibili addirittura entro fine 2010. Non ci saranno più indirizzi IP da assegnare agli utenti e ai dispositivi e quindi Internet non potrà più crescere. Quindi, prosegue il ragionamento, nascerà un mercato nero degli indirizzi IP. Panico generale.

Ma tracciare una proiezione sulla base di pochi punti non è molto realistico, e soprattutto le dinamiche di assegnazione degli indirizzi IP non sono così lineari e poco adatte alla nascita di un mercato nero perché molto trasparenti: gli operatori sono pochi e le assegnazioni sono pubblicamente consultabili da qualunque esperto in grado di decifrare i dati forniti dagli archivi pubblici. Ars Technica ha pubblicato un dettagliatissimo articolo che spiega la questione. Inoltre esistono vari modi di utilizzare uno stesso indirizzo IP per più dispositivi o utenti: l'esempio più semplice è il NAT (Network Address Translation), che permette a un utente privato di collegare a Internet tutti i computer e dispositivi di casa usando un solo indirizzo IP pubblico. Lo stesso trucco può essere usato addirittura da un provider, anche se questo causa alcune limitazioni ai suoi clienti. Non ci sono quindi le condizioni per un mercato nero e l'allarme è sostanzialmente infondato.

C'è poi la questione del passaggio dallo standard IPv4 all'IPv6, proposta come soluzione all'attuale distribuzione inefficiente degli indirizzi. I blocchi oggi utilizzati sono troppo grossi o troppo piccoli: un blocco /8 contiene fino a 16 milioni di indirizzi, e il taglio immediatamente più piccolo, il /16, ne offre fino a 65.536. Per cui i 4,3 miliardi di indirizzi IPv4 possibili non sono in realtà in esaurimento: moltissimi giacciono inutilizzati e inutilizzabili per via di questa suddivisione troppo grossolana. La soluzione proposta è l'adozione dell'IPv6, che permette 2128 (circa 3,4×1038) indirizzi e risolve quindi definitivamente il problema ma si trascina da anni: definito nel 1998, ha raggiunto una penetrazione mondiale inferiore all'1%, secondo uno studio di Google.

Anche in questo caso, niente panico: IPv6 è già implementato da tutti i sistemi operativi per uso privato e commerciale e da moltissimi dispositivi. La transizione spetta ai grandi operatori Internet, non a noi singoli utenti (salvo che il vostro router non supporti IPv6 e non sia aggiornabile; se non sapete aggiornarlo, è più semplice e conveniente comprarne uno nuovo). Ci saranno forse alcuni disagi nell'interregno, forse paragonabili a quelli del passaggio dalla TV analogica a quella digitale, ma il grosso del lavoro avverrà dietro le quinte.

In altre parole, Internet non è destinata a smettere di crescere e non ci saranno corse all'accaparramento tipiche di una risorsa materiale. L'idea è buona per un titolo di giornale sensazionalistico, ma non per ragionamenti seri.

Per saperne di più basta un giretto su Wikipedia, dove trovate anche i link alle fonti autorevoli: cos'è l'IPv6, la questione dell'esaurimento degli indirizzi IPv4, subnet e prefissi di routing, le vecchie classi di indirizzi soppiantate dal routing CIDR, e l'elenco dei possessori di blocchi /8. Ho linkato le versioni inglesi perché sono più complete di quelle italiane.

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