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2009/09/25

Cinquant’anni di COBOL

Il COBOL, quella "soluzione di breve durata" che resiste dopo 50 anni


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

L'informatica è famosa per il ritmo frenetico con il quale si avvicendano i prodotti e arrivano le novità. C'è però una parte dell'informatica che va avanti praticamente invariata da cinquant'anni.

Si chiama COBOL: un linguaggio di programmazione, il cui nome fu coniato nel settembre del 1959, partendo dalle iniziali di Common Business-Oriented Language, da parte di un comitato delle grandi aziende informatiche dell'epoca (Burroughs Corp., IBM, Minneapolis-Honeywell, RCA, Sperry Rand, Sylvania Electric Products) e da alcune agenzie governative statunitensi.

Doveva essere una soluzione di breve durata per offrire un modo più semplice e intuitivo di scrivere programmi per computer, ma secondo le statistiche della società londinese Datamonitor, citate da The Register, nel mondo oggi sono ancora in funzione circa 200 miliardi di righe di istruzioni in COBOL, a cui se ne aggiungono 5 miliardi ogni anno, perché questo linguaggio viene usato ancor oggi da molti dei servizi che usiamo quotidianamente, senza che ce ne accorgiamo.

Ci sono stati molti altri linguaggi di programmazione che sono nati e morti o quasi scomparsi, come il MANTIS, il FORTRAN o Smalltalk, ma il COBOL resiste: secondo l'analisi della società MicroFocus, chi abita per esempio negli Stati Uniti dipende da sistemi basati su COBOL almeno 13 volte al giorno: per esempio per la gestione delle telefonate, per l'uso delle carte di credito, per le transazioni bancarie.

In altre parole, non tutto in informatica si butta via perché è passata la moda del momento. Sarà un caso che il COBOL fu creato in gran parte da una donna? La madre del COBOL fu infatti Grace Hopper (nella foto): un bel peperino, visto che era una matematica laureata a Yale, una ricercatrice informatica e anche ufficiale della Marina degli Stati Uniti, promossa poi al grado di contrammiraglio.

Fra gli altri suoi meriti storici, quello che per molti è il primo "bug" letterale della storia dell'informatica: il termine inglese bug era già in uso in altri campi almeno sin dai tempi di Edison per indicare un difetto di un circuito o di una macchina, ma i colleghi della Hopper trovarono un insetto vero e proprio (bug, in inglese, appunto) incastrato in un relé di uno dei computer dell'epoca (anno 1947) e lei lo appiccicò al registro di lavoro, annotando che si trattava del primo caso di vero e proprio bug trovato in un computer. Nella sua lunghissima carriera, Grace Hopper raccontò spesso l'episodio, rendendo popolare il termine bug anche fra gli informatici.

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