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2010/06/16

Se Apple decide cosa si può pubblicare: perché l'iPad è una polpetta avvelenata per gli editori

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "roami" e "dea selene". L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento ore 21:15.

Tantissimi editori si stanno buttando a capofitto sull'iPad, investendo nella produzione di applicazioni apposite e di versioni su misura dei propri giornali e delle proprie riviste. Vedono l'iPad come un'ancora di salvezza per contrastare il declino delle loro vendite cartacee. La voglia di trovare un messia che li salvi è talmente forte che sono, a quanto pare, ciechi alle conseguenze delle loro scelte come una sedicenne che s'infila nel letto di una meteora del pop.

Il problema di dedicare i propri sforzi online esclusivamente alle piattaforme Apple è che in questo modo l'editore perde il controllo. Mette la propria rotativa in outsourcing, per così dire, a un'azienda che ha per contratto il diritto di decidere cosa viene o non viene stampato e pubblicato. E che decide con criteri talmente arbitrari e puritani da spingersi ben oltre l'indignazione per arrivare al ridicolo.

Esempio numero uno: TheBigMoney.com segnala che un adattamento a fumetti dell'Ulisse di Joyce, intitolato Ulysses Seen, è stato inizialmente respinto dall'App Store perché conteneva immagini di nudo inaccettabili. Ecco una delle immagini in questione:


E questa è un'altra:


Sì, queste sono le immagini respinte dall'App Store di Apple. Da notare che l'Ulisse originale di Joyce, con le sue descrizioni di attività sessuali esplicite, è invece in vendita su iBooks di Apple. Dopo che i creatori di Ulysses Seen hanno modificato i disegni, la società della mela morsicata ha accettato il fumetto nell'App Store (non ho ancora visto le versioni modificate; se qualcuno le trova, me lo faccia sapere); poi ha detto di aver commesso "un errore" e ha chiesto agli autori di sottoporre di nuovo i disegni originali. Però intanto censura con tanto di quadrettoni il fumetto di un bacio fra due uomini svestiti, ma non quello di una scena di sesso fra un uomo e una donna altrettanto svestiti. Un bel messaggio di tolleranza, non c'è che dire (aggiornamento: Apple ha fatto dietrofront anche in questo caso, secondo il Washington Post).

Come scrive lucidamente Kevin Kelleher sempre su The Big Money, è vero che il fumetto originale è disponibile altrove sul Web e quindi l'edizione per l'App Store è paragonabile a una versione di un film tagliata per mandarla in onda in prima serata, ma l'atteggiamento di Apple "obbliga gli artisti a scendere a compromessi sull'integrità della loro visione e punisce coloro che rifiutano il compromesso. Questo è particolarmente pericoloso quando il nudo non è osceno – come nel caso di Ulysses Seen – ma rinforza l'opera complessiva. Secondariamente, e in modo più pernicioso, può indurre gli artisti a tentare di interpretare anticipatamente la propria integrità censurando i contenuti ancor prima che Apple gliel'abbia chiesto... Joyce non scese a compromessi, neanche creando una seconda versione ripulita dell'Ulisse."

Editori di giornali, provate a sostituire artisti con giornalisti. E come potrete parlare obiettivamente dei prodotti Apple, sapendo che l'edizione online del vostro giornale o della vostra rivista dipende, per i propri introiti, dal placet di Apple? Gli editori tedeschi hanno dimostrato di aver capito il problema.

Se i criteri dell'App Store vi sembrano dettati da un puritanesimo al limite dell'assurdo, considerate il secondo esempio: The Sun. Sì, il giornale britannico noto più per le grazie dei suoi topless a pagina 3 che per la forbita sagacia dei suoi reporter. The Sun ha un'App nell'App Store che consente di leggere il giornale (a pagamento). Leggerlo, s'intende, compresa la suddetta pagina 3, che come documenta The Register offre in fotografia, ad alta risoluzione, il seno che disegnato a fumetti è invece inaccettabile per Apple. Riproduco qui le grazie di Chloe a bassa risoluzione per permettere la lettura di questo articolo senza causare disagi sul posto di lavoro: la versione più nitida, per gli interessati, è appunto su The Register.

Paidcontent spiega che Apple ha accettato il popputo ebdomadario britannico perché per scaricarlo sull'iPad è necessario confermare di avere più di diciassette anni. A quanto pare, la visione di un seno prima di quest'età può causare traumi indicibili. E come si fornisce la conferma, presentando un documento d'identità? No: molto più pilatescamente, cliccando su un pulsante e dichiarando di avere più dell'età mammocompatibile. Perché naturalmente nessun minorenne ormonalmente stimolato sarà così disonesto da mentire.

Sia chiaro: il problema non è dell'iPad, ma del modello commerciale scelto da Apple per l'iPad (e per l'iPhone), che esige il controllo totale e l'ultima parola sui contenuti. Si porrebbe per qualunque altra società che imponesse quello stesso modello monopolista su qualunque dispositivo.

Volete davvero che tutte le rotative siano gestite da un'unica società, con potere assoluto su cosa possono o non possono vedere e leggere i vostri lettori? Pensateci, editori, prima di mettervi a danzare con un elefante talebano.

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